La presidenza americana è tra le istituzioni mondiali più ampiamente osservate e studiate da analisti e storici. Biografie monumentali appaiono anni dopo la conclusione del mandato di un capo della Casa Bianca, nelle quali ogni dettaglio viene analizzato e contestualizzato, portando spesso a rivedere i giudizi favorevoli o negativi della prima ora.
Dire quale sarà la valutazione di lungo periodo su Joe Biden è particolarmente difficile, perché vi sono almeno due vicende chiave che avranno bisogno di tempo per essere pienamente vagliate o comprese.
Si tratta del ritiro dall’Afghanistan nell’estate del 2021 e della scelta di non ricandidarsi nel 2024, lasciando la nomination democratica alla sua vice Kamala Harris.
Quanto sciagurata sia stata la precipitosa partenza delle truppe Usa da Kabul (al di là delle tragedie di quei mesi) lo si potrà stabilire soltanto quando il regime dei taleban si sarà assestato e si capirà se una condotta diversa avrebbe potuto cambiare la situazione, stante il fatto che il Paese era profondamente pervaso da una cultura islamica patriarcale e in molte regioni la situazione non era diversa da quella attuale, anche con la presenza delle forze internazionali.
Di tutt’altro segno è il conflitto interno al Partito democratico tra il clan presidenziale e coloro che premevano per un passo indietro molto prima del 21 luglio 2024. Come sono andate davvero le trattative e le “minacce” dietro le quinte? Quali erano le reali condizioni di salute di Biden? Qualcosa è stato nascosto all’opinione pubblica? La sua ostinazione nel provare a sfidare Trump è stata un vantaggio per i repubblicani e, se avesse provato a correre il 5 novembre, avrebbe potuto ottenere la riconferma?
Più semplice elencare ciò che è nell’elenco dei successi e dei fallimenti aperti e incontrovertibili del mandato che si conclude lunedì 20 gennaio.
I SUCCESSI. Sul primo versante, Biden ha ereditato, nel gennaio del 2021, l’emergenza sanitaria del Covid 19 e ha risposto rendendo la campagna vaccinale una priorità assoluta. Centinaia di milioni di dosi di vaccini sono stati distribuite, raggiungendo una copertura significativa della popolazione, oltre al sostegno economico ai lavoratori rimasti disoccupati, anche se alla fine i costi umani della pandemia sono stati molto alti. Un altro aspetto centrale della sua agenda è stato il contenimento dei costi medici per i cittadini, con la riduzione dei prezzi di alcuni farmaci e l’ampliamento della copertura attraverso l’Affordable Care Act.
Su suo impulso, sono stati stanziati circa 1.200 miliardi di dollari (un record) per l’ammodernamento di strade, ferrovie e banda larga, creando posti di lavoro (i dati del quadriennio sono tra i migliori di sempre per l’occupazione) e aumentando la competitività dell’economia. Il presidente democratico ha inoltre varato politiche per l’energia pulita e il contrasto del cambiamento climatico, rientrando anche negli accordi di Parigi, abbandonati da Trump.
Sul fronte interno, ha poi compiuto passi avanti nella regolamentazione delle armi (una piaga aperta), nella promozione della diversità (con la prima giudice nera nominata alla Corte Suprema) e nell’alleggerimento del debito degli studenti universitari (altro problema cronico della società americana tuttora irrisolto).
Un capitolo importantissimo per chi guarda da oltreconfine è quello della politica estera. Detto dell’Afghanistan, certamente la decisione più controversa, il sostegno all’Ucraina invasa dalla Russia di Putin è stato decisivo per evitare la capitolazione di Kiev. Ma si potrà riflettere (soprattutto alla luce del modo in cui finirà il conflitto) se le fasi di estrema cautela nell’armare l’esercito di Zelensky e le seguenti accelerazioni nelle forniture militari abbiano giovato alla conduzione bellica o siano costate più perdite ai difensori della propria patria.
La guerra in Medio Oriente, con il prolungato appoggio incondizionato a Israele, ha procurato a Biden elogi e forti critiche per le stragi nella Striscia di Gaza, scatenando proteste nei campus e provocando contraccolpi politici. Il ridimensionamento del fronte sciita guidato dall’Iran e il rimescolamento degli equilibri regionali, perseguito da Netanyahu ma permesso dalla sponda Usa, risulta certamente significativo e sarà ancora una volta da valutare a bocce ferme.
I FALLIMENTI. Dove la bilancia pende verso il basso è ormai ben noto: sono i punti su cui Donald Trump ha insistito e con cui ha vinto la battaglia elettorale. A causa dell’inflazione, ai massimi da 40 anni, è lievitato il costo della spesa dell’americano medio (a partire dalle uova, vero caso nazionale, e dal gas): nemmeno gli interventi, in parte efficaci, del governo hanno cancellato l’impressione di impoverimento che molti americani avvertono. A questo si è sommato il tema della sicurezza urbana, molto sentito e secondo alcuni non affrontato con sufficiente decisione dall’Amministrazione democratica, accusata di non sostenere la polizia (anzi, la sinistra del partito propugnava il definanziamento delle forze dell’ordine).
Infine, il tema caldissimo dell’immigrazione. La pressione al confine con il Messico è andata aumentando e la Casa Bianca ha eliminato alcune delle misure più restrittive introdotte dai repubblicani, come la separazione delle famiglie, ma ha mantenuto altre politiche per frenare gli arrivi. Il tentativo di riforma globale è stato però bloccato al Congresso, e il numero record di ingressi irregolari ha alimentato il biasimo verso la coppia Biden-Harris sia dei repubblicani (per cui c’era troppo lassismo) sia dei democratici progressisti (per cui c’era una linea troppo dura) sia degli immigrati già residenti, che soffrono la concorrenza degli irregolari.
Si può affermare che nei prossimi mesi e anni saranno soprattutto le azioni e risultati di Trump a far rimpiangere o meno il presidente uscente, il secondo cattolico della storia americana, tra i leader più apertamente ispirati dalla religione. Ciononostante, il suo rapporto con la Chiesa in America è stato accidentato, per il sostegno alla libera scelta in materia di aborto e ai diritti della comunità Lgbt, tanto che numerosi vescovi raccomandarono di negargli la Comunione. Altri presuli hanno invece apprezzato il suo impegno sociale e ambientale, tematiche sulle quali c’è stata una rilevante convergenza con Papa Francesco. Il voto cattolico su Joe Biden si è spaccato a metà, come forse sarà il giudizio sul suo lascito umano e politico.
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