La nascita di un figlio comporta inevitabilmente dei cambiamenti nella gestione del proprio tempo, degli impegni e della vita in generale. Alcune donne sperimentano sbalzi d’umore o disorientamento, altre possono imbattersi, in maniera più o meno grave, nella depressione post partum. upday ha raccolto la testimonianza di due donne che hanno scelto di raccontare, senza tabù, la propria esperienza.
Con la nascita di un bambino, soprattutto se si tratta del primo figlio, una mamma si ritrova ad affrontare una condizione nuova e sconosciuta, che talvolta può causare disorientamento e difficoltà. Fra le più note in cui può imbattersi c’è la depressione post partum, che solo in Italia colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neomamme.
“Si tratta di una delle complicanze più importanti che si può verificare nei mesi successivi al parto, solitamente dal secondo o terzo mese in poi. Questa tempistica è indicativa, ovviamente, e serve anche a distinguere la depressione post partum dal baby blues, una forma di calo dell’umore fisiologico che si verifica in molte donne nei giorni successivi al parto e che si risolve autonomamente nel giro di un paio di settimane circa”, spiega la dottoressa Claudia De Masi, psicologa clinica e perinatale e psicoterapeuta specializzata in Terapia Breve Strategica.
La pandemia da coronavirus ha poi avuto un impatto notevole sulla salute mentale: uno studio canadese pubblicato sul Canadian Medical Association Journal ha dimostrato che nell’arco di tempo compreso tra marzo e novembre 2020, le visite mediche dovute a disagi psicologici post partum sono aumentate del 30%.
“È come una voragine di emozioni negative”: il racconto di Lucia
“È iniziato tutto dopo il parto del secondo bimbo. Ho avuto questa grossa depressione, per un paio di mesi non ho neanche più sorriso. Poi sono iniziati degli alti e dei bassi e sono andata avanti così per un anno, fino a quando poi non mi sono rivolta a una psicoterapeuta”, racconta Lucia Iuliano, che alcuni anni fa si è trovata per la prima volta faccia a faccia con la depressione post partum.
“Avevo anche iniziato la terapia farmacologica ma poi ho scoperto di aspettare la mia terza bimba, quindi ho dovuto interrompere”, continua. “A novembre del 2018 ho avuto un grosso crollo, sono andata vicino al suicidio, è stato un periodo veramente drammatico. Circa un mese dopo con la mia terapeuta abbiamo realizzato che la depressione post partum aveva scatenato il disturbo bipolare” spiega.
Proprio in quei giorni bui Lucia lancia sui social il progetto #unaparolaperlemamme, che la aiuta a superare il dolore attraverso la condivisione della sua esperienza con altre donne: “È stata la mia ancora di salvezza, in un certo senso mi sono salvata da sola perché quando avevo un momento di sconforto veramente grande o quando pensavo al suicidio, cercavo di pensare a cosa avrei detto a un’altra mamma nella mia stessa situazione, pubblicavo e piano piano, parola dopo parola mi sono salvata” racconta.
“La depressione post partum è un po’ come un velo attraverso cui non filtra il bene, l’amore degli altri, non filtra niente. L’unica cosa che passa sono le emozioni negative, che poi fanno quasi da cassa di risonanza alle tue insicurezze e quindi subentra il senso di inadeguatezza, la frustrazione”, spiega. “Tutto ciò che è al tuo interno viene amplificato e quindi è una voragine che ti risucchia di giorno in giorno. Al contrario nella terapia ti fanno tirare fuori le cose positive e quindi da circolo vizioso diventa circolo virtuoso. Però ci vuole tanto, tanto lavoro”, racconta ancora la donna.
In più, anche le piccole attività quotidiane possono diventare ostacoli insormontabili: “La depressione comporta apatia e quindi anche difficoltà a svolgere compiti essenziali a livello domestico. C’è questo bisogno costante di restare sdraiati a letto, quindi non c’è neanche la voglia di uscire o di vedere amici. Sicuramente ti rallenta in quello che devi fare, ti rallenta mentalmente nelle decisioni che devi prendere, insomma è un momento molto difficile”, spiega Lucia.
A questo vortice di emozioni negative si va ad aggiungere anche un senso di inadeguatezza, soprattutto nei confronti del ruolo di madre: “Volevo proteggere i miei figli, a volte volevo proteggerli proprio da me stessa, pensavo di essere sbagliata, che sarebbe stato meglio se non ci fossi stata, perché i miei figli meritavano di più” ricorda Lucia.
“Penso che il momento più difficile sia quello in cui devi prendere la decisione di andare dal terapeuta, perché lì per lì non vedi la depressione, ti sembra solo un momento buio. Però poi questo periodo buio non finisce mai e allora a un certo punto devi prendere coraggio, il coraggio di affrontare i tuoi demoni. Ecco forse quella è la cosa che spaventa di più”, spiega.
E alle altre madri e donne in difficoltà consiglia: “Rivolgetevi subito allo psicoterapeuta, perché queste patologie rischiano poi di degenerare in un attimo. Magari qualcuna potrà scoprire che non è depressione post partum e rasserenarsi. Invece a restare così, in un limbo, crescono solo l’incertezza, la paura e le altre insicurezze. Il problema grosso è che le persone che ci sono accanto dovrebbero accorgersi che qualcosa non va e spingerci a vedere lo specialista”, aggiunge. “E devo essere sincera, sono stata fortunata perché tutti quanti hanno compreso la mia malattia. Forse anche perché ne ho parlato pubblicamente”, ammette.
Quello lanciato da Lucia è un messaggio di speranza, anche se sembra impossibile, grazie alla terapia e all’aiuto di chi ci sta vicino, si può tornare a vedere la luce alla fine del tunnel: “Ora sto bene. Sono serena, ho deciso di assecondare le mie passioni e sono attiva in tanti progetti”, conclude.
Sintomi e cause scatenanti (anche negli uomini)
I sintomi descritti da Lucia Iuliano corrispondono a quelli enumerati dalla dottoressa De Masi: “Calo dell’umore, una sensazione di stanchezza persistente, problemi di sonno o di alimentazione, incapacità di provare piacere, perdita di interesse per il bambino, sensazioni di angoscia, sensi di colpa continui, pensieri di morte e suicidio, sensazione di avere problemi di concentrazione, ansia o panico eccessivi o non motivati per questioni inerenti la cura del bambino. Se una persona riconosce di avere quattro o cinque di questi sintomi in maniera costante per un periodo di almeno due settimane allora è importante che contatti un professionista per un primo consulto”.
Per quel che riguarda invece i fattori scatenanti, secondo la psicologa, “a livello fisiologico un ruolo lo rivestono certamente i cambiamenti ormonali cui una donna va incontro durante la gravidanza e dopo il parto. Un altro fattore che si è rivelato importante, ad esempio, è la familiarità con episodi depressivi e la precedente presenza di episodi di depressione nella vita della donna, sia durante la gravidanza (o in gravidanze precedenti) che prima o anche precedenti esperienze di altre problematiche psicologiche”.
E ancora: “Può avere un ruolo anche l’esperienza del parto stesso, che a volte può essere vissuta come traumatica, dolorosa, invasiva e difficile da superare. La consulenza psicologica perinatale, la psicoterapia e la terapia farmacologica sono gli strumenti principali per affrontare una depressione post partum. Ovviamente sarà poi lo specialista a valutare, caso per caso, a seconda della situazione e della gravità, come sia necessario procedere”.
In pochi lo sanno, ma la depressione post partum può colpire anche i padri: “La depressione post partum maschile è oggetto di studi molto recenti che andranno ancora approfonditi ma, per ciò che sappiamo fino ad ora, si delinea con caratteristiche abbastanza diverse da quella femminile”, continua la dottoressa De Masi. “Innanzitutto tende ad esordire più tardi e sembra legata a livelli di stress molto alti, rabbia, insoddisfazione e aggressività. Spesso il disagio non è facile da cogliere e può manifestarsi anche con comportamenti di disinteresse per la vita familiare o con disturbi di dipendenza”.
“Ti senti sbagliata oltre ogni cosa e non c’è niente che può lenire queste pene”
Anche per Annarita Bartoli l’esperienza del parto non è stata semplice: “Ho partorito poco prima del lockdown, il 17 febbraio 2020. Per me il parto è stato molto traumatico, non mi aspettavo una cosa del genere, ho sofferto tantissimo”, racconta. Solo due settimane dopo Annarita si rende conto che qualcosa non va: “Ero sul divano con il bimbo e dal nulla ho visto che lo buttavo dalla finestra. Era un pensiero intrusivo, non capivo cosa stava succedendo”, spiega. Nei giorni successivi la situazione non migliora affatto: “I pensieri intrusivi aumentavano ed erano sempre più terribili: vedevo che facevo del male a mio figlio, che facevo del male a me stessa, al cane, a mio marito. E poi sentivo cose terribili”. “Avevo questi pensieri continuamente, la mia mente non era mai libera. Il primo anno per me è stato veramente devastante”, ricorda. A quel punto Annarita e suo marito scoprono la verità: “Ci siamo resi conto che ero in depressione post partum e che questa cosa in realtà succedeva a tante altre donne”.
Anche per Annarita comincia un calvario di sofferenza ed emozioni negative, che sceglie di condividere pubblicamente sulla sua pagina Facebook, Depressione post partum, per dare e trovare a sua volta conforto: “Quando soffri di depressione post partum non hai più voglia di vivere, perché ti senti una madre sbagliata, cattiva. Io andavo a letto la sera e pregavo di non svegliarmi la mattina perché, anche se sapevo che non avrei mai fatto del male a mio figlio, avevo paura che a causa di questi pensieri intrusivi potessi scambiare la fantasia con la realtà”, spiega.
La donna teme infatti di poter essere, anche solo involontariamente, pericolosa: “Non volevo che mio marito mi lasciasse da sola col bimbo, volevo che mi guardasse a vista. Avevo nascosto tutti i coltelli e messo lo scotch alle finestre, non guidavo più la macchina. Facevo di tutto per tenere al sicuro mio figlio. Stavo malissimo ed ero terrorizzata”, racconta.
“Ti sembra sempre di non poterti occupare di tuo figlio come vorresti. Io me ne occupavo, lo lavavo, l’allattavo, però per me non era abbastanza, perché avevo paura di toccarlo. Vivi un’ansia perenne. A un certo punto mi ero messa in testa che dovevo andare via di casa e, pur di tenere il mio bambino al sicuro, l’avrei fatto. Ti senti disperata oltre ogni cosa. Non c’è niente che può lenire queste pene. È stato veramente terribile, e io sono fortunata perché mio marito ha capito subito il mio problema”, ricorda.
Annarita ribadisce poi quanto sia importante farsi seguire da un professionista non soltanto dopo il parto, ma anche durante tutto l’arco della gravidanza: “Io consiglierei di tenersi sotto controllo da subito, in gravidanza. Di farsi seguire per tutta la gravidanza da uno psicologo. E poi bisognerebbe parlarne prima del parto. Io non sapevo niente e mi sono trovata spiazzata, pensavo di essere diventata pazza e non sapevo cosa fare”, conclude.
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