Dal 1° settembre il lavoro agile “emergenziale “sarà superato. Per continuare a lavorare da remoto, in smart working, saranno necessari gli accordi individuali come definito dalla legge 81/2017. Tra le novità introdotte dalla legge di conversione del decreto Semplificazione c’è però la comunicazione semplificata degli accordi al ministero del Lavoro. Il che dovrebbe agevolare l’iter burocratico per le aziende e favorire la Fase due dello smart working in Italia. Ecco tutte le domande (e le risposte) sulle novità per i dipendenti pubblici e privati.
Cos’è lo smart working?
Partiamo dalla definizione. Nella legge 81 del 2017 si parla di lavoro agile «quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa». La prestazione lavorativa può essere eseguita, in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa «entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva». Ai lavoratori agili deve essere poi garantita la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali. Vale la pena ricordare anche che lo smart working non può essere obbligatorio ma è sempre volontario.
Chi può fare smart working?
Nato come strumento di conciliazione tra la vita lavorativa e quella privata, lo smart working interessa potenzialmente tutti i lavoratori dipendenti a patto che il datore di lavoro sia disponibile all’introduzione dello strumento nell’organizzazione aziendale. Tanto che nel testo si fa riferimento all’accordo individuale per il lavoro agile sottoscritto dal dipendente e dal datore.
Chi ha la priorità?
In base al Dlgs 105/2022 del 30 giugno è riconosciuta una priorità di accesso allo smart working ad alcune categorie di lavoratori. Tra queste:
– lavoratori e lavoratrici disabili gravi
– lavoratori e lavoratrici con figli fino a 12 anni
– lavoratori e lavoratrici con figli disabili gravi, senza limiti di età
– lavoratori e lavoratrici caregiver
– lavoratori e lavoratrici che fruiscano di permessi per assistere un familiare disabile in base alla legge 104.
Rispetto ai lavoratori fragili non è stata prevista una proroga dello smart working agevolato per tanto dovranno siglare accordi individuali. Nel protocollo di aggiornamento delle misure per il contenimento della diffusione del Covid del 30 giugno si sottolinea però l’importanza del lavoro agile per questa categoria.
Cosa accade ai dipendenti fragili e ai genitori con figli under 14?
Il governo è al lavoro per prorogare lo smart working fino al 31 dicembre per i lavoratori fragili e per i genitori di figli con meno di 14 anni. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha messo a punto un emendamento già approdato a Palazzo Chigi e pronto per essere girato alle Commissioni riunite Bilancio e Finanze del Senato che il 31 agosto dovrebbe avviare l’esame del decreto Aiuti bis per la conversione in legge. La relativa copertura per i lavoratori del settore pubblico -è stata reperita con fondi propri del ministero del Lavoro. Per i lavoratori fragili il 30 giugno era scaduto il diritto, in caso di mansioni non compatibili con il lavoro agile (per esempio la cassiera del supermercato), di equiparare il periodo di assenza dal lavoro al ricovero ospedaliero.
La proroga fino al 31 dicembre riguarderà anche i genitori di figli under 14. Per loro, l’agevolazione era scaduta il 31 luglio. Inoltre, «per i fragili che non fanno attività che possono essere rese in modalità agile – sottolinea la segretaria confederale della Uil Ivana Veronese – va ripristinata l’indennità di ricovero ospedaliero».
Cosa sono gli accordi individuali?
L’accordo individuale è un documento siglato da datore e dipendente in cui sono definiti i dettagli della prestazione lavorativa svolta in modalità smart working dalla durata ai mezzi informatici. Con le nuove regole è resa più semplice la comunicazione degli accordi che possono essere anche frutto della contrattazione sindacale.
La norma prevede con decorrenza 1° settembre 2022, che il datore di lavoro comunichi in via telematica tramite apposito modulo, al ministero del Lavoro:
– l’anagrafica del lavoratore: nome e cognome, codice fiscale, data nascita, comune di nascita.
– la tipologia di contratto di lavoro applicato al rapporto di lavoro
– i dati dell’accordo di lavoro agile: data di sottoscrizione dell’accordo, tipologia di durata del periodo di lavoro agile (a tempo determinato o a tempo indeterminato), la data di inizio delle prestazioni di lavoro in modalità agile e la data di cessazione
– i dati Inail
Come precisato però dal ministero è prevista una fase di transizione iniziale. L’obbligo di comunicazione dello smart working secondo le nuove regole potrà essere assolto entro il 1° novembre 2022. Si prevede infine che il datore di lavoro conservi l’accordo individuale per cinque anni.
Cosa succede senza accordi?
In mancanza di accordi individuali cosa succede? Le aziende dovranno richiamare i lavoratori in presenza. Come chiarito dal ministero del Lavoro: «Nella logica di favorire la semplificazione degli obblighi per i datori di lavoro, la relativa comunicazione andrà effettuata entro il termine di cinque giorni» dalla stipula dell’accordo di lavoro agile. La mancata comunicazione dell’accordo prevede l’applicazione, da parte dell’Ispettorato del Lavoro, di una sanzione amministrativa che va da 100 a 500 euro per ogni lavoratore .
Come funzionerà lo smart working nel pubblico?
Nel settore pubblico l’obbligo di sottoscrivere gli accordi individuali è scattato il 15 ottobre 2021. Ogni amministrazione ha poi predisposto i Piao ovvero i Piani integrati di attività e organizzazione basati sull’idea di far ruotare il personale in lavoro agile. I documenti dei vari ministerie agenzie introducono però linee guida diverse sullo smart working con un tetto di giorni e regole, ad esempio, differenti per i buoni pasto. Nel Piao del ministero degli Interni, valido per il biennio 2022-2024, si stabilisce che «nelle giornate di attività in lavoro agile il dipendente non matura il diritto all’erogazione del buono pasto». Inoltre «per effetto della distribuzione flessibile del tempo di lavoro, nelle giornate di lavoro agile non è riconosciuto il trattamento di trasferta e non sono configurabili prestazioni straordinarie, notturne o festive, né protrazioni dell’orario di lavoro aggiuntive».
In smart working sono garantiti i buoni pasto?
La risposta a questa domanda è complessa. Nel caso della Pa le amministrazioni hanno preso strade diverse: alcune hanno pagato i buoni pasto e altre no. Quest’ultime si sono basate sull’assunto che in modalità agile non vi è obbligo di orario, si lavora per obiettivi, e non possono essere previsti quindi buoni pasto e straordinari legati all’orario. Nel privato la situazione è ugualmente complessa. Secondo diversi studi legali tra le previsioni attinenti al lavoro agile ad oggi non risulta normato il diritto alla percezione dei buoni pasto. Spetta, in sintesi, al datore di lavoro in conformità con i contratti collettivi nazionali deciderne o meno l’erogazione.
Quanto è diffuso lo smart working in Italia?
In Italia nel post pandemia si contano 2,9 milioni i lavoratori da remoto, il 37,2% dei potenziali 8 milioni di smart workers del Bel Paese. A rivelarlo è l’indagine di Randstad Research, il centro di ricerca sul futuro del lavoro promosso da Randstad. Lo studio, basato su dati Istat ed Eurostat, rileva come sul totale degli occupati solo il 13% dei lavoratori italiani lavora da casa e con modalità diverse. Nello specifico, il 5,9% per due o più giorni a settimana e il 7,1% meno di due giorni a settimana.
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