Inutile rinviare le scadenze. Serve una moratoria fiscale per salvare le imprese.
Nessuno sarà lasciato solo, dicevano nei mesi tragici del lockdown. Promesse mirabolanti: “Lo Stato c’è e mette subito la sua potenza di fuoco nel motore dell’economia. Quando si rialza, l’Italia corre” annunciava Conte il 6 aprile. Peccato che l’Italia non solo non abbia ricominciato a correre (cosa che non fa da vent’anni, si guardi il pil), ma neppure si sia rialzata. Chi ha pensato male avrà fatto anche peccato ma ci ha azzeccato pure stavolta. Perché alla fine, tolta la pula della propaganda, la grande potenza di fuoco, quei milioni di italici moschetti, si è ridotta ai prestiti garantiti (comunque da restituire con tanto di interessi) e al rinvio per qualche settimana delle scadenze fiscali.
Altro che iniezioni di liquidità. Lo Stato esoso, che ha superato i 2.500 miliardi di debito e non ha risparmiato un euro con la spending review, si è rialzato ma invece di correre ha ricominciato a battere cassa. A luglio quattro milioni e mezzo di partite Iva dovranno versare il saldo 2019 e il primo acconto 2020 dell’Iva. Il bazooka del governo è un fucile a tappo: semplicemente il rinvio di 20 giorni dell’imposta, comunque da pagare senza tenere conto che gli autonomi sono in ginocchio, con riserve di liquidità esaurite dopo mesi di stop forzato e attività ridotte dalle regole anti contagio.
Se davvero si volessero aiutare artigiani, autonomi e imprese, ci vuole coraggio: anche con una moratoria fiscale straordinaria. L’eccezionalità del momento richiede sforzi eccezionali, non solo parole e promesse. A che cosa serve sforare i parametri europei, aumentare il debito pubblico, sfidare le regole contabili, se non si trasforma il tutto in carburante per l’Italia che lavora e produce? Uno Stato può incassare tasse solo se chi le paga guadagna e non viene soffocato dallo stesso fisco. Soprattutto in un frangente storico particolare, dove è mancato l’ossigeno del mercato. Gli acconti, le imposte, l’Iva, l’Irpef, i bolli, l’Irap, la Tasi, l’Imu… Si paga tutto se si lavora e si può restare aperti nonostante i mille intoppi di questo periodo speciale. Non raccontiamoci che gli italiani si rialzano e corrono con il freno a mano tirato e facendo leva sui sacrifici dei singoli.
“Sulla liquidità chiediamo impegno maggiore al sistema bancario“, tuonava il ministro Gualtieri in maggio. Ebbene, sulla liquidità chiediamo noi un impegno maggiore allo Stato. Non è possibile che chi fa impresa debba chiedere un prestito per onorare gli impegni col fisco. C’è un nonsenso, un’assurdita, una crudeltà in questo passaggio che un governo non può fingere di non vedere.
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