I nuovi poveri non sanno comportarsi da poveri. Vanno alle mense “bank food” con gli abiti che, solo pochi mesi fa, indossavano per andare a lavorare negli alberghi, nei terminal delle compagnie aeree, alle grandi catene di noleggio auto, negli uffici di scuole, banche, parchi divertimento alla Disney, chiusi dalla pandemia Covid-19. Le loro spese sono state tagliate, niente Netflix o elettronica del Black Friday, pizza o pomeriggio al fast food, la brillante campagna pubblicitaria di Burger King, “mangiate da McDonald”, detestati in Europa come sponsor di colesterolo, zuccheri e grassi animali, ma che invece spesso negli Usa mantengono, con menu a basso prezzo, tante famiglie.
Le organizzazioni umanitarie, religiose e laiche, vedono mettersi in coda alle mense membri del ceto medio, che si mischiano con imbarazzo a senzatetto, vagabondi, migranti. “Chi vive da anni delle nostre tavole, racconta un volontario cattolico che partecipa a un programma promosso dai frati francescani, ha nella raccolta del pasto uno dei pochi momenti umani della giornata, fa battute con i nostri addetti, scherza con un amico che non vedeva da tempo, è abituato alla povertà e non se ne vergogna. I nuovi poveri, che l’anno scorso avevano un lavoro, programmi per il futuro, qualche risparmio bruciato in fretta, accompagnano ai disagi l’umiliazione di dover portare ai figli le nostre razioni, togliere loro cellulari e videogames, non poter programmare doni a Natale, vacanze, dire “Niente college universitario, devi lavorare”.
I racconti di questa discesa nell’indigenza sono una tragedia americana senza fine: l’automobile non venduta “chi mai mi darebbe un lavoro in California senza un’auto per spostarmi?”, solo al prezzo di tagliare il gas e vivere di cibi freddi, cereali in scatola, o scaldati al forno a microonde; gli hobby che svaniscono, i ferri del garage venduti su eBay, con i libri e le foto dei bisnonni, un orologio cipollone da tasca dell’Ottocento.
Oggi la povertà è assai più che un pasto, non avere accesso a telefono o wifi taglia fuori dal mercato del lavoro, dalla scuola, dalle relazioni affettive e familiari e, intanto, la caduta del mercato e i licenziamenti hanno riportato la fame, la fame nera dei romanzi di Dickens, in tante case. Un’inchiesta del quotidiano Washington Post rivela che un numero record di cittadini salta almeno un pasto la settimana, non per diete eccentriche, ma perché non ha abbastanza soldi per fare la spesa: non era più accaduto dal 1998, quando i benefici della globalizzazione e del commercio con l’estero avevano aperto due decenni di prosperità.
Il Census Bureau, che raccoglie censimenti e stime sul paese, documenta in un suo rapporto che un americano su otto salta i pasti per miseria, 26 milioni ogni giorno. Le case dove vivono bambini hanno numeri peggiori, una su sei non ha abbastanza soldi per breakfast, pranzo e cena. Tra gli afroamericani la pandemia semina ancor più pena: 22% delle famiglie denuncia di aver sofferto la fame nella settimana del Ringraziamento, poco meno di una su quattro, due volte peggio della media del paese e due volte e mezzo la media dei bianchi.
Le testimonianze, a pochi giorni da Natale, son struggenti, i fratelli che hanno ancora un lavoro a mandare scatolette e surgelati ai fratelli disoccupati, le mamme che allungano il latte con l’acqua senza che i figli le vedano, gli anziani che, seduti come per caso a un caffè, aspettano qualcuno che intuisca il loro disagio e offra un caffellatte, la maestra che distribuendo i pasti per gli scolari vede gli occhi lucidi della mamma con il bambino in età non scolare e, rischiando rimproveri, le consegna tre sacchetti di cartoncino marrone colmi di cibo.
Il presidente Biden si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio e la sua agenda sarà brutale, Covid, Iran, Cina, economia, Europa, Putin: spero che qualcuno dei suoi ministri, a partire dalla segretaria al Tesoro Yellen, gli ricordi gli affamati, che penano nella grande potenza Usa, per un piatto di polpettone di carne tritato dagli avanzi, una scodella di latte, due pezzetti di pollo fritto e grits, la polenta del Sud americano, con il gravy, l’antico sughetto dei quartieri poveri e dei campi sperduti.
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