Il divieto all’importazione di prodotti ittici provenienti dal Giappone imposto dalla Cina per via del rilascio dell’acqua radioattiva trattata della centrale di Fukushima sta facendo crescere il panico in tutto il Paese. Temendo contaminazioni, la gente nei supermercati fa incetta di sale e anche le vendite di frutti di mare provenienti dalle zone costiere cinesi sono state colpite.
Gli analisti ritengono che il divieto cinese sia più che altro un gesto politico, dato che la Cina è il principale mercato di esportazione dei prodotti ittici giapponesi. Proprio la scorsa settimana, Pechino aveva criticato l’accordo tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud volto a rafforzare i legami militari ed economici e la vicenda delle acque di Fukushima ora viene cavalcata dalla propaganda cinese.
Il boicottaggio economico si sta estendendo ad altri settori. Molti utenti cinesi del web chiedono di boicottare anche i cosmetici giapponesi. Secondo quanto riportato dal Giappone, una scuola giapponese nello Shandong è stata colpita da pietre e un’altra scuola giapponese nello Jiangsu è stata colpita da uova. Molte agenzie di viaggio hanno dichiarato ai media di aver sospeso la commercializzazione dei tour in Giappone e i turisti hanno cancellato i loro piani di viaggio.
I media ufficiali cinesi sostengono che l’acqua inquinata da materiale radioattivo possa causare danni genetici e persino il cancro, senza specificare però che l’intero processo di scarico dell’acqua è monitorato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica e che i test sui campioni di acqua hanno mostrato livelli di radioattività entro il limite di sicurezza. Il Giappone ha anche accusato Pechino di ipocrisia, poiché i livelli di radioattività dell’acqua rilasciata dalle centrali nucleari in Cina sono addirittura superiori a quelli di Fukushima in Giappone.
Intanto molte persone si sono precipitate nei supermercati a comprare il sale per paura dell’acqua radioattiva, facendo impennare il prezzo. L’azienda statale China National Salt Industry Corporation ha dichiarato che garantirà l’approvvigionamento aggiungendo che la maggior parte viene estratto da miniere e laghi, mentre solo l’1% proviene dal mare. Le autorità hanno suggerito alla popolazione di non accumulare il sale e hanno promesso di regolare il mercato e di reprimere comportamenti scorretti come l’aumento del prezzo. Già nel 2011, dopo lo tsunami che colpì la centrale nucleare di Fukushima nel 2011, molte persone fecero incetta di sale in molte città della Cina.
Ma le reazioni ostili stanno coinvolgendo ora la stessa industria ittica cinese. Video diffusi online mostrano i pescatori gridare contro i commenti negativi e ostili che chiedevano alla gente di boicottare i cosiddetti frutti di mare contaminati. Molti ristoranti hanno smesso di utilizzare i frutti di mare giapponesi e li hanno sostituiti con quelli cinesi o europei dopo l’annuncio del divieto da parte delle autorità. Alcuni ristoranti giapponesi hanno dichiarato che il divieto ha avuto un impatto sulle loro attività, poiché non hanno avuto il tempo sufficiente per acquistare altrove gli ingredienti. Si stima che in Cina ci siano circa 73mila ristoranti giapponesi. Secondo quanto riferito, i ristoranti giapponesi di Shanghai hanno ricevuto chiamate di disdetta per le prenotazioni, oltre a chiamate moleste.
Le voci che ridimensionano l’allarme sono messe a tacere dalla censura. Un esperto di energia nucleare che aveva pubblicato sul social network cinese Weibo un’analisi scientifica in cui spiegava che l’acqua scaricata da Fukushima non era rischiosa, si è visto rimuovere il proprio account. NetEase News ha pubblicato un post satirico, suggerendo alle persone di “sdraiarsi” a casa per affrontare questa crisi, alludendo alla modalità di protesta dei giovani cinesi: anche questo post è stato rimosso.
Nel frattempo, il sentimento anti-giapponese ribolle nella cyber-sfera cinese. L’ambasciata giapponese in Cina ha avvertito i suoi cittadini di evitare di parlare in giapponese ad alta voce e di prestare attenzione alla situazione intorno all’ambasciata se devono visitarla.
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