L’odore che emana il corpo può avere a che fare con la salute. Alcune malattie infatti producono un odore unico e caratteristico.
Il «profumo» del diabete
L’odore di acetone, quello classico del solvente per smalto che in bocca può risultare quasi fruttato, è tipico dei pazienti con diabete di tipo 1 ed è il risultato della cosiddetta chetoacidosi: in sostanza l’organismo del diabetico, che non ha insulina, non riesce a usare il glucosio come fonte di energia e, per ottenerla, utilizza gli acidi grassi come «benzina». Nel processo si formano corpi chetonici che provocano l’odore di acetone nell’alito. Un segno tipico, ma come spiega Gabriele Riccardi, direttore dell’Unità di Diabetologia e Malattie del Metabolismo dell’università Federico II di Napoli: «Non è l’unico né il primo: il diabete di tipo 1 si manifesta con altri sintomi molto più eclatanti, dall’abbondanza di urina alla sete eccessiva, fino all’astenia e alla notevole perdita di peso non spiegata da altre cause. È difficile in altri termini dover ricorrere ad annusare l’alito di acetone per sospettare la malattia. Questo sintomo, invece, può essere utile da valutare quando un paziente arriva in pronto soccorso in coma: il coma può avere motivi neurologici, metabolici o altro e l’alito di acetone è un’indicazione importante per il medico, che così si indirizza subito a risolvere un problema connesso col diabete di tipo 1».
Piedi che puzzano: il piede dell’atleta
Calzare tutti i giorni scarpe da ginnastica e non essere molto amanti dell’igiene (due comportamenti tipici degli adolescenti) può effettivamente provocare un odore molto sgradevole ai piedi. Ma se l’odore è davvero cattivo e persistente potrebbe trattarsi del piede d’atleta. «La patologia è effettivamente caratterizzata dal cattivo odore, ma devono essere presenti anche altri sintomi. La pelle tra le dita dei piedi deve essere arrossata, secca, screpolata, addirittura possono presentarsi piccole ferite» spiega Antonino Di Pietro, direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis di Milano. Il piede d’atleta nasce da un mix di infezione fungina iniziale e infezione batterica che si va a sovrapporre alla prima. In pratica i funghi danneggiano la cute rendendola più molle e fragile e questo apre la porta al successivo attacco dei batteri. Per di più se ci si gratta per il fastidio causato dalla patologia e poi si toccano altre aree del corpo l’infezione può estendersi , specie in altre zone tipicamente poco asciutte, come le ascelle e l’inguine, che pure incominciano a emanare cattivi odori. Inoltre, possono esserci conseguenze più serie: si può sviluppare una “cellulite» (che nulla ha a che fare col problema di cui si lamentano spesso le donne e che tecnicamente si definisce panniculopatia-edemato-fibro-sclerotica). La cellulite propriamente detta è un’infiammazione dei tessuti profondi che può coinvolgere anche il tessuto adiposo e può dar vita a delle fibrosità permanenti.
Le cure, ovviamente, ci sono: si possono utilizzare spray o creme antifungine acquistabili, senza prescrizione, in farmacia, ma bisogna aver pazienza e applicarle mattino e sera per 4-5 settimane in modo da dar tempo alla cute di ricostituirsi. Se la patologia persiste bisogna rivolgersi a un medico perché può essere necessaria un trattamento con medicine per bocca. Un piede d’atleta cronico può poi far sospettare la presenza di altre malattie che indeboliscono l’intero organismo e quindi abbassano le difese immunitari, come accade in chi soffre di diabete, anemia, patologie epatiche.
Feci maleodoranti: intolleranza al lattosio
Le feci e i gas intestinali maleodoranti possono essere un segnale di intolleranza al lattosio (zucchero contenuto nel latte e nei latticini), causata da una carenza dell’enzima lattasi nell’intestino tenue. Il lattosio non digerito viene spedito nel colon (invece che entrare in circolo attraverso il sangue), dove avviene la fermentazione che causa il cattivo odore. Spesso il paziente intollerante soffre anche di mal di pancia e diarrea. Esiste poi il malassorbimento, un problema più lieve e che nella maggior parte dei casi non dà alcun sintomo. «Il cattivo assorbimento di lattosio è molto diffuso nella popolazione – spiega Gioacchino Leandro, direttore della Gastroenterologia dell’IRCCS Saverio De Bellis di Castellana Grotte (Bari) e presidente dell’Associazione italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti ospedalieri – e viene diagnosticato tramite un test del respiro: se l’esito è positivo, al paziente viene spesso consigliata una dieta senza latte e derivati. Un errore, perché in questo modo la persona si priva di nutrienti fondamentali: in molti casi è sufficiente ridurre la quantità di latticini. La dieta restrittiva va prescritta solo in caso di intolleranza conclamata. Mentre in caso di semplice malassorbimento i disturbi possono essere sovente collegati ad altre patologie, come l’intestino irritabile, e quindi non beneficiano in alcun modo della rinuncia al lattosio».
Per avere una diagnosi di malassorbimento il Breath test deve dare un esito di +20 ppm (o più) sostenuto nel tempo (almeno 2 rilevazioni) rispetto al valore base; prima dell’esame il paziente ingerisce una determinata quantità di lattosio. Se durante il test la persona mostra anche sintomi (mal di pancia, diarrea) viene fatta la diagnosi di intolleranza. «Il disturbo è genetico e non esiste una terapia – continua il professor Gioacchino Leandro -, perché non c’è modo di indurre la produzione di enzima lattasi. Esistono però in commercio prodotti caseari con quantità minime di lattosio e inoltre – nei casi di intolleranza conclamata – è possibile fare uso di pastiglie che contengono l’enzima e che consentono, una tantum, di mangiare un gelato o bere un bicchiere di latte o uno yogurt».
Urine dall’odore sgradevole: infezione delle vie urinarie
Di norma la pipì dovrebbe essere limpida, di colore giallo paglierino e inodore. Può succedere però che abbia un odore molto sgradevole. Il sintomo può dipendere da molti fattori, tra cui l’alimentazione (asparagi, cavolfiori, aglio generano un odore forte e sgradevole) oppure l’utilizzo di alcuni antibiotici. «Le urine maleodoranti però possono essere facilmente anche sintomo di infezioni urinarie: quando i batteri entrano nel tratto urinario e nell’uretra (il piccolo canale che consente all’urina di fuoriuscire), e poi si moltiplicano nella vescica causano l’infezione» spiega Rossella Nappi, ginecologa dell’Ambulatorio di endocrinologia ginecologica e della menopausa del Policlinico San Matteo di Pavia. Nel caso di cistiti, pielonefriti (infezioni renali), uretriti, l’odore è causato da alcuni batteri come Proteus, Pseudomonas, Providencia, Morganella che trasformano l’urea (una componente dell’urina), in ammoniaca. In questi casi l’odore caratteristico è quello di ammoniaca o candeggina. Se l’odore sgradevole si manifesta saltuariamente e scompare nell’arco di 48 ore non c’è da preoccuparsi. Se invece persiste per tre o quattro giorni è opportuno rivolgersi al medico di famiglia, che prescriverà l’esame completo delle urine e l’urinocoltura.
Alitosi: può essere segnale di apnee notturne
Si parla di alitosi quando l’odore che esce dalla bocca diventa spiacevole. «Il timore di avere un alito cattivo rappresenta il 30% dei motivi per cui i pazienti si recano dall‘odontoiatria» spiega Claudio Albizzati, otorinolaringoiatra dell’ospedale Multimedica di Milano che tranquillizza: «La maggior parte dei casi di alitosi è a partenza orale, ed è dovuta alla iper proliferazione della flora batterica o biofilm orale che a sua volta metabolizza le proteine presenti nel cavo orale in aminoacidi che a loro volta producono gas maleodoranti contenenti derivati dallo zolfo». Questo fenomeno si può verificare sia per una cattiva igiene orale, sia per secchezza del cavo orale come per esempio si può verificare in forti russatori , magari affetti anche da apnee notturne, dove la secchezza delle fauci con mancanza di saliva incoraggia una maggiore crescita batterica. Detto questo bisogna dire che spesso l’origine dell’alitosi è la lingua, ove tra le papille possono crescere i batteri che danno luogo al cattivo odore, anche se una lingua patinata non è sinonimo di alitosi mentre è vero che i pazienti affetti da paraodontopatia hanno 6 volte più frequentemente lingua patinata e alitosi. Anche le gengive sono causa di alitosi specialmente quando presentano tasche retrattive o presenza di tartaro che incoraggiano una crescita anomala di batteri; cause meno frequenti sono rappresentate da patologia rinosinusale, patologia delle tonsille, reflusso esofageo, patologie sistemiche affliggenti fegato, polmoni, reni, neoplasie, diabete.
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