Nel 2022 sono nati 393.333 bambini, un calo dell’1,7%. Nei primi sei mesi di quest’anno il declino continua: -2%. Meno figli dalle coppie italiane, ma cala anche il contributo degli stranieri.
Se sono maschi si chiamano soprattutto Leonardo, Francesco e Tommaso. Se sono femmine Sofia, Aurora e Giulia. Nomi che piacciono anche ai cittadini stranieri, dove però tra i nuovi nati spiccano soprattutto Adam e Amir, oppure Sofia e Sara.
La parte gioiosa della notizia si ferma qui. Per il resto il report dell’Istat su natalità e fecondità della popolazione nel 2022 non fa che confermare i dati negativi anticipati nelle previsioni di sei mesi fa, aggiungendo un ulteriore elemento di preoccupazione: il crollo delle nascite è proseguito anche nel primo semestre di quest’anno.
Insomma, se il 2022 si è chiuso per la prima volta dall’Unità d’Italia con un numero di nati tra i cittadini residenti inferiore a quota 400.000 – 393.333 per la precisione, quasi 7.000 in meno rispetto al 2021, un calo dell’1,7% – il 2023 rischia di andare ancora peggio. Da gennaio a giugno, infatti, i bebè sono diminuiti di un altro 2%, vale a dire 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo di un anno prima. Questo declino, se confermato, dovrebbe portare il numero medio di figli per donna in età fertile a 1,22: un calo netto dal dato di 1,24 del 2022 e di 1,25 del 2021.
C’è una differenza importante, nella cifra riferita al tasso di fecondità, e si riferisce al fatto che tra le donne di cittadinanza italiana il numero medio di figli è di solo 1,18, mentre tra le straniere è pari a 1,87. La diminuzione delle nascite – afferma l’Istat – è attribuibile per la quasi totalità al calo riconducibile alle coppie di genitori entrambi italiani, che lo scorso anno hanno messo al mondo solo 311.117 figli.
Non ci si deve illudere più di tanto, però, pensando al contributo delle coppie portatrici di una cultura familiare più solida: nonostante gli stranieri siano oggi l’8,6% della popolazione, la flessione delle nascite riguarda sempre di più anche loro, a riprova del fatto che col tempo, se le condizioni di vita e di lavoro in un Paese non sono soddisfacenti e i sostegni alla natalità restano limitati, la tendenza di chi arriva in un territorio caratterizzato da bassa fecondità è quella di adeguarsi al contesto.
I bambini nati da genitori in cui almeno uno è straniero sono stati in tutto 82.216 nel 2022, il 21% del totale, ma rispetto a dieci anni fa si tratta di quasi 26mila bebè in meno. Lo stesso calo è stato registrato nel caso di due genitori entrambi stranieri, dove però si è scesi a sole 53.000 nascite.
L’Italia, si potrebbe dire analizzando queste cifre, può ormai ambire a mantenere una stabilità demografica contando quasi esclusivamente sul contributo dell’immigrazione, considerato che le riforme degli ultimi anni non sono ancora riuscite a incidere e che il tempo a venire, pur con tutta la volontà politica possibile, non potrà che essere avaro di interventi alla luce della situazione estremamente delicata dei conti pubblici e delle poche risorse disponibili.
La tendenza calante delle nascite sarà difficile da invertire anche perché, come ricorda l’Istat a ogni diffusione dei nuovi dati demografici, il declino è dovuto soprattutto al fatto che la popolazione femminile in età feconda, cioè le donne tra i 15 e i 49 anni, è diminuita considerevolmente e in modo strutturale per l’effetto delle poche nascite che si sono avute nel ventennio dal 1976 al 1995, periodo durante il quale vi è stato un crollo importante della fecondità. Oltre a questo, a incidere è l’età più elevata in cui si ha il primo figlio: 31,6 anni.
C’è un elemento positivo nel report dell’Istat, e riguarda il fatto che molte coppie hanno messo al mondo nel 2022 il figlio che desideravano da tempo, ma per le quali i progetti familiari erano stati compromessi dalla pandemia di Covid: il 49% dei nati nel 2022 sono stati dei primogeniti, il 3,2% il più rispetto a un anno prima. Un recupero che tuttavia rischia di esaurirsi in poco tempo: i secondogeniti nello stesso periodo sono calati del 6%, e questo significa che al venir meno dell’effetto post-Covid si potrebbe registrare una flessione ancora più decisa.
In questa rapida e radicale trasformazione della società italiana in un paese con meno bambini, meno giovani e una popolazione che in prospettiva sarà sempre più anziana, è poi particolarmente significativo prendere atto che continua ad aumentare il numero di nati da genitori non sposati: la percentuale di nascite fuori dal matrimonio riguarda ormai il 41,5% dei neonati, in aumento dal 39,9% del 2021. Se i genitori sono entrambi italiani la percentuale si avvicina al 44,7%, fino al record del 53,6% che riguarda la Sardegna. Se si guarda ai giovani la rivoluzione del rapporto tra nozze e natalità è ancora più netta: tra chi diventa madre prima dei 24 anni il 54,6% non è sposata, condizione che riguarda il 36,4% della fascia 25-34 anni, e il 28% delle over 34 anni.
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