I giovani se n’erano accorti da tempo: lo squilibrio dei loro stipendi rispetto a quelli dei lavoratori più anziani cresce sempre di più. Un dato che ora certifica anche l’Inps in uno studio allegato al suo rapporto annuale, a firma di Nicola Bianchi (Northwestern Kellogg School of Management) e Matteo Paradisi (Einaudi Institute for Economics and Finance). L’età media della forza lavoro in Italia è salita dai 35,8 anni del 1985 ai 42,7 anni del 2019. Ma la conseguenza di un progressivo invecchiamento dei lavoratori ha un risvolto inaspettato: “La maggiore offerta di lavoratori più anziani non ha frenato la crescita del loro salario rispetto ai lavoratori più giovani. Anzi, il divario salariale per età si è notevolmente ampliato a favore dei lavoratori più anziani”. Un divario che in Italia è salito tra il 1985 e il 2019 del 19%.
Il gap salariale viene peraltro condiviso, seppure in termini meno spiccati, con altri Paesi: il divario salariale è aumentato del 10% a favore dei lavoratori anziani negli Stati Uniti, dell’11% nel Regno Unito (1997-2019) e del 17% in Danimarca (1997-2019). Ma anche la Germania registra un “pay gap” di questi livelli. Anzi, considerando un campione ampio di lavoratori e imprese sia italiani che tedesche lo studio registra come “l’allargamento del divario salariale per età sia associato a un rallentamento delle carriere dei lavoratori più giovani, mentre quelle dei lavoratori più anziani sono migliorate”.
Dal 1985 al 2019, infatti, annota ancora il rapporto, “la probabilità che i lavoratori più giovani si trovassero nel quartile più alto della distribuzione dei salari è diminuita del 34%, mentre la stessa probabilità, per i lavoratori più anziani, è aumentata del 16%”. Inoltre, la probabilità che i lavoratori più giovani ricoprano posizioni manageriali “è diminuita di due terzi tra il 1985 e il 2019, mentre è aumentata dell’87% tra i lavoratori più anziani”.
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(Google analytics 08 gennaio 2023)
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