Secondo i dati dell’Ufficio studi della Cgia si parla di almeno 92 miliardi di euro di potere d’acquisto andati in fumo. I conti, spiegano dall’ associazione degli artigiani e delle piccole imprese partono dall’ipotesi che le famiglie italiane abbiano «mantenuto nel proprio istituto di credito gli stessi risparmi che avevano a inizio anno. Pertanto, a causa della crescita dell’inflazione stimata per il 2022 all’8 per cento, la dimensione economica reale del deposito bancario ha subito una drastica decurtazione». A pagare il conto più salato sono le famiglie residenti nelle grandi città e nelle province più popolose dove l’inflazione ha raggiunto picchi che non si vedevano dagli anni Sessanta. L’Ufficio studi spiega che seppur una parte della perdita di potere di acquisto sarà compensata dall’aumento degli interessi sui depositi, i dati restano preoccupanti. Ecco i calcoli e la classifica dei più danneggiati, provincia per provincia.
Inflazione e risparmi: più colpito chi abita nelle grandi città e province
Il prezzo più alto lo pagano gli abitanti delle grandi città metropolitane. «A livello territoriale — spiegano dalla Cgia — le province più penalizzate sono quelle più popolate e tendenzialmente anche con i livelli di ricchezza più elevati: a Roma, infatti, l’inflazione “erode” 7,42 miliardi di euro di risparmi familiari, a Milano 7,39, a Torino 3,85, a Napoli 3,33, a Brescia 2,24 e a Bologna 1,97».
Inflazione: le città e province meno colpite
Scendendo lungo lo Stivale, la situazione migliora leggermente soprattutto nei centri di medie e piccole dimensioni. Tra le province meno esposte troviamo infatti la provincia di Enna con “solo” 156 milioni di euro, Isernia con 153 e Crotone con 123 milioni di potere di acquisto eroso dall’inflazione.
In parallelo lo Stato guadagna sull’Iva
Se il potere di acquisto si riduce l’inflazione favorisce invece le casse statali. L’incremento del gettito è , non a caso, rilevante da quando i prezzi dei beni sono saliti alle stelle. Scrive la Cgia: «Nei primi 8 mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, le entrate tributarie erariali sono aumentate di 40,69 miliardi di euro». Un boom riconducibile a tre fattori per l’Ufficio studi: gli effetti del “decreto Rilancio” e del “decreto Agosto”- che tra il 2020 e il 2021 avevano disposto proroghe, sospensioni – e, in particolar modo, agli incrementi dei prezzi al consumo che hanno spinto all’insù il gettito dell’Iva.
Lo scenario e il rischio stagflazione
Per la Cgia il pericolo è che la nostra economia vada verso la stagflazione. «Con le difficoltà legate alla pandemia, agli effetti della guerra in Ucraina, all’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiamo, nel medio periodo, di veder scivolare la crescita economica verso lo zero, con una inflazione che, invece, potrebbe superare tranquillamente le due cifre», concludono.
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