La parata del 9 maggio, “giorno sacro” della vittoria contro la Germania hitleriana, doveva essere un nuovo trionfo della Russia. Invece, nonostante l’impressionante impegno militare “speciale”, l’esercito di Mosca si trova di fatto con un pugno di mosche in mano. Oltre 15mila soldati russi sono morti, insieme a tantissimi civili ucraini, bambini compresi, sterminati dalle bombe e dagli assalti con tutte le armi possibili. L’esercito russo sta esaurendo la sua forza, e il risultato sembra ben lontano da quanto sperato dal Cremlino.
Come afferma l’esperto militare russo Sergej Grabskij in un dibattito sulle onde di Radio Svoboda, “milioni di ucraini vivono in condizioni di occupazione militare di una forza straniera, sono di fatto tenuti in ostaggio, e il governo di Kiev non può fare altro che rilasciare dichiarazioni e cercare di protestare in tutte le sedi internazionali disponibili, e non sembra possibile risolvere la questione in maniera civile”.
Nei territori occupati la Russia cerca di inscenare un passaggio identitario e governativo, proclamando la “indipendenza” di territori che nemmeno riesce a controllare interamente, tranciando i cavi della connessione mobile ucraina e installando le reti russe. Nel Donbass e nelle zone devastate sulle rive del Mar d’Azov, che sono di fatto terre bruciate, non è possibile però vivere.
È ormai in corso da giorni e giorni una guerra di posizione, in cui i russi non riescono ad avanzare e gli ucraini sono disposti a sacrificare ogni cosa per non cedere un metro all’invasore. Le armate di Mosca non possono passare da Izjum per arrivare a Sloviansk, dopo aver dovuto abbandonare vergognosamente la regione di Kiev. Le truppe russe devono affrontare combattenti serrati in città come Severodonetsk, Rubežnyj o Lisičansk, che nelle cartine belliche delle televisioni di tutto il mondo faticano a essere identificati.
Le truppe ucraine, la cui forza militare non è certo paragonabile a quella dell’avversario, sembrano addirittura aver iniziato un contrattacco, e capaci di produrre gravi perdite tra i russi, come avviene ormai da giorni nel circondario di Kharkiv. Ogni ora viene comunicata la riconquista di villaggi e terreni, e se si confermano queste tempistiche, presto gli ucraini potranno riportarsi al limite dei confini della Russia, a Volčansk e Kupjansk.
Allo stesso tempo l’Ucraina sta soffrendo una crisi per carenza di carburanti, essendo state bombardate le raffinerie e i depositi petroliferi, e alle stazioni di servizio le code delle macchine raggiungono diverse ore di attesa. La popolazione civile sente il morso delle condizioni estreme indotte dalla guerra, e tutta la benzina disponibile viene riservata solo per le vetture militari. La popolazione mostra però grande unità e spirito di sacrificio, identificandosi nei proclami del presidente Zelenskyj, assurto a eroe grazie ai russi.
Non c’è quindi alcuna vittoria da proclamare, e secondo Grabskij “il Cremlino cerca di esaltare l’occupazione di qualunque casolare di campagna, ma non riesce neppure a concludere la conquista di Mariupol, o dell’intera regione di Lugansk”. La tanto sbandierata mobilitazione generale è semplicemente impossibile, spiega l’esperto militare: “Il compagno Stalin si preparò a essa per 10 anni, è un processo molto complicato da attivare, e se anche venisse proclamata oggi, le prime truppe della nuova leva arriverebbero al fronte non prima di tre mesi”.
La armate russe sono al limite della sopportazione, vengono spostate senza pause da una parte all’altra, non si riesce a rifornirle dei necessari materiali bellici, per non parlare dei mezzi di sostentamento, e il tempo gioca tutto a favore delle forze di difesa dell’Ucraina. Se non riesce a mantenere i soldati già schierati, ben difficilmente la Russia potrà arruolare e addestrare civili senza alcuna preparazione, e con nessuna voglia di mettersi a fare la guerra.
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