La divisione del patrimonio in caso di morte

by • 7 gennaio 2022 • ECONOMIA, In evidenzaCommenti disabilitati su La divisione del patrimonio in caso di morte494

Qualcuno ha scritto: «Il denaro non è tutto ma certamente tiene i figli in contatto». Succede soprattutto alla morte di un genitore, quando arriva il momento di dividersi i beni che appartenevano al caro estinto. I parenti chiamati alla successione potrebbero pensare che la soluzione migliore sia quella di dividere la torta in parti uguali e di prendersi ciascuno la sua fetta, comprese le briciole. Ma non sempre è così.

Come si divide il patrimonio in caso di morte?

Il calcolo viene effettuato in base al numero di eredi e al loro grado di parentela con il defunto. A sua volta, il numero di eredi dipende da quanti degli aventi diritto accettano la successione e quanti invece pensano che il gioco non valga la candela perché sono più i debiti da saldare che i soldi da incassare.
Vediamo di seguito come si divide il patrimonio in caso di morte di un familiare tenendo conto di queste variabili e che cosa bisogna fare per portare a termine la procedura della successione.
Divisione del patrimonio: l’avvio della procedura
Nel momento in cui una persona muore e lascia un patrimonio da dividere, le persone che hanno legittimamente diritto ad una quota diventano coeredi. Nasce, in questo modo, la cosiddetta «comunione ereditaria»: tutto è di tutti e nessuno può toccare quel patrimonio comune prima che si concluda la procedura della successione con la divisione dell’eredità. Solo a quel punto, ciascuno dei coeredi diventa unico proprietario della quota che gli spetta.

È possibile avviare la procedura che porta alla divisione del patrimonio:
– direttamente dal testamento del defunto tramite un notaio;
– con un accordo tra i coeredi sulla divisione delle quote;
– con l’intervento di un giudice nel caso in cui ci fossero dei disaccordi tra i coeredi, che saranno assistiti da un avvocato.

Divisione del patrimonio senza testamento
Nel caso in cui il defunto non abbia lasciato testamento, la divisione del patrimonio segue, in base al Codice civile questa linea di successione in ordine di priorità:

coniuge;
discendenti legittimi e naturali (figli e figli di figli);
ascendenti legittimi (genitori e nonni);
collaterali (cugini, zii, fratelli e sorelle);
altri parenti entro il sesto grado.
In coda a questo elenco, immancabile, c’è lo Stato italiano, che si prende il patrimonio del defunto non reclamato da alcun erede.

Ecco le possibili divisioni del patrimonio:
– se c’è il coniuge senza figli: l’intero patrimonio va al coniuge;
– se ci sono coniuge e un figlio: metà patrimonio al coniuge e l’altra metà al figlio;
– se ci sono coniuge e più figli: 1/3 del patrimonio al coniuge e 2/3 divisi equamente tra i figli;
– se ci sono coniuge senza figli e ascendenti e collaterali: 2/3 al coniuge e 1/3 diviso equamente tra ascendenti e collaterali;
– se c’è solo un figlio o più figli: l’intero patrimonio va al figlio o diviso equamente tra i figli;
– se non ci sono coniuge e figli: il patrimonio va diviso tra ascendenti e collaterali;
– se non ci sono coniuge, figli, ascendenti e collaterali: il patrimonio va diviso tra i parenti entro il sesto grado;
– se non ci sono coniuge, figli, ascendenti, collaterali o parenti entro il sesto grado: l’intero patrimonio va allo Stato.

Divisione del patrimonio con testamento
Pensare che il defunto si avvalga del proprio testamento per lasciare coniuge e parenti senza un centesimo e donare tutti i suoi averi ad un estraneo è roba da telefilm. Con questo documento, una persona può fare quello che vuole solo fino ad un certo punto: al momento della divisione del patrimonio, infatti, c’è la cosiddetta «parte indisponibile» che deve essere sempre assegnata agli eredi legittimi, vale a dire al coniuge e ai figli.
C’è, poi, la parte «assegnabile» che chi firma il testamento può destinare a chi gli pare: un’associazione, un caro amico, la casa di cura in cui è stato assistito per anni e così via.

Come si calcola questa parte assegnabile? Il Codice civile usa un termine alquanto inquietante, cioè la «riunione fittizia». Dei beni, non degli eredi. Ecco come lo spiega il Codice: «Per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre, si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate (dallo stesso Codice, ndr) e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre».

In altre parole, la «formula matematica» per sapere quanto spetta agli eredi e quando può lasciare il defunto ad altri è la seguente:
– si valutano i beni al decesso del firmatario del testamento;
– si sottraggono i debiti non saldati dal defunto;
– si aggiungono i beni donati dal defunto quando era in vita.

Sul risultato finale, si calcolano le varie quote seguendo questa regola:
– coniuge senza figli né altri parenti: 50%;
– coniuge e un solo figlio: 77,7%;
– coniuge con più figli: 75%;
– coniuge senza figli con ascendenti e collaterali: 75%;
– un solo figlio: 50%;
– più figli: 77,7%;
– solo ascendenti e collaterali: 34,4%.

Se ci sono solo parenti entro il sesto grado (quindi, niente coniuge, figli, ascendenti e collaterali) oppure se non c’è alcun parente, chi fa il testamento può distribuire il 100% del suo patrimonio come meglio crede.

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