«Stiamo diventando donne e uomini incapaci di pensare in termini che non siano di guerra. È una cosa grave quello che sta succedendo». Il vescovo Nunzio Galantino lancia l’allarme sulla cultura bellicistica che contamina l’opinione pubblica. Lo fa da Rondine-Cittadella della pace, il borgo medievale alle porte di Arezzo che ospita il laboratorio della riconciliazione dove vivono fianco a fianco trenta giovani in arrivo dai Paesi in guerra che per la geopolitica sono “nemici” e che invece qui studiano e abitano insieme. Il presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, che in precedenza è stato anche segretario generale della Cei, presenta durante il Festival della Cittadella della pace in corso in questi giorni il libro “La strana coppia: relazione e conflitto” scritto a quattro mani da lui e da Giordano Remondi. Sullo sfondo la guerra in Ucraina. E davanti a lui anche i ragazzi di Rondine giunti da Russia e Ucraina.
Guerra e conflitto non sono sintomi. «Di fronte a una guerra che rimanda a progetti di distrazione dell’altro, la relazione può fare tantissimo ma è una relazione va costruita attraverso le azioni che si stanno comoiendo in questo momento». Come la missione voluta da Papa Francesco che si unisce alla rete diplomatica che la Santa Sede continua a tessere per tentare di fermare le armi. «Quello che il Papa sta facendo con chi lavora al suo fianco e con chi ha chiamato è anche una operazione di un vocabolario nuovo – sottolinea Galantino -. Occorre far capire a coloro che stanno combattendo che, se vogliono raggiungere la pace, possono farlo unicamente conoscendo e riconoscendo chi sta dall’altra parte e imparando a contemperare le esigenze dell’avversario con le proprie. Del resto dietro le parole ci sono anche impegni da prendere». Galantino ricorda che il conflitto è parte della vita di ciascuno. «Tuttavia, mentre il conflitto ha come orizzonte la voglia non di negare ma di sanare le differenze e le difficoltà, la guerra parte da un altro presupposto: la distruzione di quanti vengono ritenuti nemici. Perciò il Papa dice che con la guerra si perde tutto. Ecco perché serve gestire il conflitto così da avere un orizzonte all’interno del quale è possibile giungere a soluzioni nuove».
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