In passato dopo il disgelo, rimaneva la coltre ghiacciata che manteneva umida la terra. Ora vi sono rischi di siccità e incendi. I mari dell’Artico si riscaldano con più facilità. Negli ultimi 10 anni la temperatura è cresciuta di 0,51 gradi. In Russia le conseguenze dell’effetto serra superano di tre volte quelle del resto del mondo.
Nella relazione di Katsov si sottolinea che fin dagli anni ’80, sulla rotta del Mare del Nord, le coperture dei ghiacciai dell’Artico si riducono di continuo, tanto che alla fine dell’estate è ormai comune il loro libero attraversamento; una volta, invece occorrevano i rompighiaccio. Sulla terraferma il processo di riscaldamento provoca il disgelo regolare nelle stagioni calde; in passato rimaneva la coltre ghiacciata, che manteneva umida la terra. Il veloce disgelo rischia di provocare la siccità nei territori meridionali del Paese.
In tutta la Russia, e in particolare nelle grandi distese della Siberia settentrionale, l’abituale paesaggio innevato resiste sempre meno tempo, e già in aprile comincia il disgelo, nonostante i cumuli di neve siano sempre più alti e i grandi fiumi si congelino prima del solito, tra ottobre e novembre. Polina Karkina, coordinatrice dei progetti climatici della sezione russa di Greenpeace, conferma: “La fine della stagione invernale in Russia è sempre più rapida, secondo il processo chiamato arctic amplification; nell’Artico moltissimi effetti del riscaldamento si intensificano”.
Le nevi dell’Artico hanno una grande capacità di riflettere la luce solare. Ciò impedisce alla luce di riscaldare le acque degli oceani. Con lo scioglimento dei ghiacci, la superficie scura dei mari viene messa a nudo, assorbendo luce e calore. Sulla terraferma questo provoca vasti incendi boschivi, che diffondono nell’aria nuove porzioni di gas serra, rendendo ancora più drammatico il processo globale: “Nell’aria si diffonde il metano, provocando una relazione positiva contraria… il riscaldamento globale si sviluppa in modo non regolare, prima più lento, poi sempre più rapido”, spiega la Karkina.
Per il noto climatologo Aleksej Kokorin, direttore del programma climatico del WWF, “l’emisfero settentrionale si sta riscaldando molto più di quello meridionale”. In Russia l’effetto è particolarmente vistoso, essendo un vastissimo territorio continentale del nord, che occupa un sesto delle terre emerse. “Le acque degli oceani non portano il calore lontano dalla terraferma, come avviene in Europa, e quindi la crescita delle temperature avviene in tempi molto più rapidi”, aggiunge Kokorin.
Nelle regioni siberiane si gode il tepore estivo come mai prima. Ma questo non deve rallegrare i cittadini russi: nel mondo il clima si è riscaldato di circa un grado negli ultimi 50 anni, e in Russia di due gradi e mezzo. Secondo gli esperti, questa proporzione si conserverà anche nei prossimi anni. “Se l’umanità realizzerà gli impegni per la riduzione delle emissioni nocive che sono stati annunciati” – sostiene Kokorin – “la temperatura mondiale verrà arrestata a 2 gradi d’innalzamento, ma per la Russia questo vorrà dire 5-6 gradi, un livello appena sopportabile, ma comunque molto dannoso per le nostre infrastrutture e la nostra agricoltura”. Se invece non si farà nulla, entro qualche decennio la temperatura salirà fino a 10-12 gradi, e sarà la catastrofe.
Secondo gli scienziati, già il riscaldamento mondiale fino a 4 gradi potrebbe portare a mutazioni difficili da affrontare per le capacità umane. Con lo scioglimento dei ghiacci, ci sarà sempre meno acqua potabile, e sempre maggiori evaporazioni. Si innalzeranno le acque salate degli oceani, e potrebbero scomparire interi arcipelaghi, come ad esempio i Caraibi. L’Asia centrale potrebbe essere afflitta da una generale siccità, che già oggi comincia a farsi sentire. Molti Paesi stanno prendendo serie misure, altri no. Questa disparità rischia di vanificare gli sforzi dei Paesi più virtuosi, tra i quali cerca di inserirsi anche la Russia.
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