Il servizio idrico integrato nell’attuale legislazione e le dissonanze con la gestione del servizio acquedotto e fognatura nel Territorio di Costa Paradiso.
di Angelo Bloise
La definizione di “servizi pubblici locali” è contenuta nell’art. 112 del D. Lgs 267/2000 “Testo Unico delle leggi sull’Ordinamento degli enti Locali”:
sono tali, infatti, “i servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.
Negli artt. 113 e 113 bis del D. lgs 267/00 (quest’ultimo dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 272/04 Corte Cost.) sono rubricati rispettivamente “servizi pubblici di rilevanza economica” e “servizi pubblici privi di rilevanza economica”.
Tra i servizi pubblici locali (SPL) di rilevanza economica vengono compresi:
la distribuzione dell’energia elettrica
la distribuzione del gas naturale
il servizio idrico integrato
la gestione dei rifiuti urbani
il trasporto pubblico locale.
Gli elementi caratterizzanti dei SPL sono:
A) per detti servizi la gestione deve essere disgiunta dall’ente locale mediante la trasformazione delle precedenti gestioni a struttura non societaria in società di capitali;
B) la distinzione tra l’attività di gestione del servizio e l’attività di gestione delle reti e degli impianti finalizzati alla gestione del servizio;
C) il divieto, per gli enti locali, di cedere la proprietà delle reti e degli impianti se non a società di capitali delle quali essi detengano l’intero capitale sociale con vincolo di incedibilità;
D) l’affidamento del servizio pubblico locale che deve avvenire:
mediante gare ad evidenza pubblica;
o mediante la costituzione di apposita società di capitali, a capitale misto pubblico privato con la scelta del soggetto privato mediante gara ad evidenza pubblica;
mediante concessione in house a società di capitali, a capitale interamente pubblico;
E) l’affidamento della gestione delle reti o degli impianti, qualora disgiunta da quella del servizio, mediante soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico, oppure mediante imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica. Il soggetto cui sia affidata la gestione delle reti e degli impianti deve consentire ai gestori del servizio di avvalersene.
F) la regolazione dei rapporti tra l’ente locale e le società di gestione del servizio e/o quelle di gestione delle reti e degli impianti mediante contratti di servizio.
E’ prevista l’incedibilità della proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, affermando la “demanializzazione” di tali beni o del relativo uso.
Infatti il co. 2 dell’art. 113, che va letto unitamente al co. 13, afferma il principio della proprietà pubblica delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali.
Nel nostro caso i settori interessati dall’art. 113, sono, almeno per ciò che concerne le modalità di affidamento dei servizi, il servizio idrico integrato e l’igiene ambientale, poiché le normative settoriali, rispettivamente, l’art. 9 della legge (“Galli”) n. 36/1994 e l’art. 23 del d.lgs. (“Ronchi”) n. 22/1997 ne richiamano espressamente l’applicazione.
Escludendo dal nostro discorso il servizio rifiuti urbani in quanto il Comune ha già provveduto a richiamarne la gestione, precedentemente svolta dalla Comunità, alla propria competenza con l’istituzione della TARI, resta da esaminare l’altro SPL, il servizio idrico integrato (SII) interessante il Territorio di Costa Paradiso non ancora assunto alle competenze del Comune.
Premesso che il SII è costituito dai servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, il principio generale è che deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie, e organizzato sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO),
Attualmente nel Comprensorio di Costa Paradiso gli elementi costitutivi del SII sono, da un lato, il servizio acquedotto fornito da Abbanoa spa sino al contatore unico della Comunità, le reti dell’acquedotto e della distribuzione idrica, previste dal P.di.L. già realizzate alla data del 1975, come dato atto nella convenzione dell’1.8.1975, trasferite unitamente alle aree di urbanizzazione primaria con atto in data 9.12.1975, e la cui presa di possesso è avvenuta con verbale redatto dal Segretario Comunale e sottoscritto dal Sindaco protempore e quattro testimoni in data 29.7.1985, gli impianti di captazione se precedentemente realizzati e trasferiti ad Abbanoa spa e quelli di soccorso attualmente ad oggi utilizzati dalla Comunità e dall’altro la rete della fognatura con il depuratore.
Questi elementi del SII, la fognatura e l’impianto di depurazione delle acque reflue, sono stati ceduti dalla Isvitur spa gratuitamente, quale opere di urbanizzazione primaria, al Comune con atto in data 30.12.1992.
Tutti gli elementi che compongono il Servizio Idrico Integrato appartengono al demanio e al patrimonio indisponibile del Comune di Trinità.
L’eccezione che viene sollevata e dal Comune e dalla Comunità che non essendo state perfezionate le annotazioni sui registri immobiliari, nonché in carenza delle volturazioni catastali tali beni non siano del Comune, non ha alcuna giustificazione giuridica sufficientemente valida per affermare l’inefficacia del contratto, in quanto il sinallagma convenzionale si è perfezionato con la sottoscrizione degli atti predetti nella forma prevista dall’art. 1350 c.c., sul piano civilistico, e con, da una parte, l’apprensione delle aree e delle infrastrutture da parte del Comune nelle date anzidette e, dall’altra, la prosecuzione dopo l’1.8.1985 dell’edificazione delle volumetrie previste dal P.diL. non ancora realizzate.
E’ bene ricordare che sul piano civilistico la trascrizione degli atti sui registri immobiliari è lo strumento di pubblicità predisposto dall’ordinamento per rendere certi i fatti che riguadagno i beni immobili (artt. 2643 c.c.) e i beni mobili registrati ( artt. 2683 e ss. c.c.) ed il catasto, che identifica le particelle sulle mappe, non è probatorio e la sua funzione è principalmente fiscale, mentre le omesse scritture non inficiano la validità dell’atto se redatto nella forma specifica.
Sul piano amministrativo la rappresentazione planimetrica-descrittiva delle aree e delle opere di urbanizzazione primaria nel P.diL. convenzionato individua anche l’appartenenza al demanio o al patrimonio indisponibile comunale delle stesse, appartenenza che si concretizzata nel momento stesso in cui tali aree ed opere hanno assunto l’idoneità a svolgere e svolgono la funzione pubblicistica loro assegnata.
Dette opere una volta rese nella disponibilità della collettività, pur se prive di collaudazione formale ma per facta concludentia, nonché non gravate da provvedimenti inibitori della pubblica autorità al loro utilizzo da parte della generalità degli utenti e della cittadinanza, corroborate dal verbale di presa di possesso delle aree e delle infrastrutture di urbanizzazione primaria e dall’accettazione della piena proprietà dell’impianto fognario con depuratore, insistente sul mappale 518 del Foglio 10, sono entrate a far parte dei beni Comunali nelle categorie del demanio e del patrimonio indisponibile, restando nell’esclusiva responsabilità dell’Amministrazione Pubblica di provvedere agli adempimenti necessari per la loro registrazione nell’inventario comunale e a quelli di polizia demaniale per la disciplina degli stessi.
E’ indubbio che la convenzione per la lottizzazione del Comprensorio di Costa Paradiso, come stabilito dall’art.16, comma 5°, della legge 17 agosto 1942 n. 1150, è cessata il 1° agosto 1985, e che le pattuizioni contenute nella stessa hanno cessato il loro effetto in pari data dovendo il Comune, se le opere di urbanizzazione primaria non fossero state completamente realizzate e trasferite allo stesso nel termine previsto, o sostituirsi per il loro completamento al lottizzante inadempiente e/o, interrompere l’edificazione delle volumetrie non ancora realizzate nell’attesa di una nuova normativa urbanistica.
Per altro verso “la scadenza del termine decennale di efficacia non preclude di per sé la realizzazione delle volumetrie previste dal piano, purché siano state tempestivamente realizzate le opere di urbanizzazione da esso programmate (cfr: Tar Sardegna, Sez. II, n. 554 del 31 maggio 2012)” e poiché tale attività continua ad essere svolta rafforza l’avvenuto trasferimento delle aree e delle strutture di urbanizzazione primaria, compresa fognatura e depuratore, al Comune di Trinità.
Tuttavia in forza della convenzione dell’1.8.75 l’onere della manutenzione delle aree e delle infrastrutture è rimasto a tutto l’1.8.1995 in carico alla cooperativa lottizzatrice e per essa agli aventi causa (Comunità e partecipanti), mentre la gestione della fognatura con depuratore e stata affidata dal Comune in data 30.7.1992 in concessione alla Comunità a tutto l’1.8.1995.
In merito alla qualificazione come concessione della convenzione del 1.8.1992, la giurisprudenza della Cassazione civile è sempre stata consolidata nel ritenere che, a prescindere dalla qualificazione giuridica attribuita dalle parti al rapporto giuridico da esse posto in essere, c.d. “nomen iuris” è solo la natura del bene che influenza e determina la natura del rapporto giuridico di gestione, con la conseguenza che l’eventuale natura demaniale o patrimoniale indisponibile dell’immobile implica da un lato l’esistenza di un rapporto giuridico pubblicistico e come tale una concessione amministrativa che lo regola, mentre dall’altro lato, il negozio giuridico che regola e disciplina il godimento di un bene immobile del patrimonio disponibile non può che configurarsi quale contratto di diritto privato (CORTE CASSAZIONE, sez. V, 31 agosto 2007, n. 18345; CORTE CASSAZIONE, sez. III, 19 maggio 2000, n. 6482).
Anche il giudice amministrativo riconosce espressis verbis che la natura di un rapporto giuridico avente ad oggetto il godimento di un immobile di proprietà comunale discende necessariamente dalla natura e dal regime giuridico del bene stesso, in quanto è soltanto in funzione di detti elementi che è possibile determinare le legittime modalità di attribuzione in godimento a soggetti terzi del bene medesimo. (CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 6 dicembre 2007, n. 6265).
Il concessionario diviene da un lato titolare di un manus pubblico e dall’altro è assoggettato alla giurisdizione della Corte dei Conti per eventuali danni economici che possa arrecare all’erario, laddove invece il privato che ha in locazione un bene e che crea danni anche materiali al bene stesso, dovrà essere citato in giudizio dalla pubblica amministrazione avanti il giudice ordinario per vederlo condannato al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.
Dopo l’1.8.1995 la Comunità, elusa la consegna al Comune dei beni pubblici e priva di qualsiasi titolo abilitativo a proseguire nella detenzione dei beni comunali, è diventata un mero detentore di beni pubblici assumendo nella migliore delle ipotesi la posizione del funzionario di fatto, meglio di incaricato di pubblico servizio, pertanto soggetto alla giurisdizione ella Corte dei Conti, nella peggiore quella di usurpatore di pubbliche funzioni, meglio di incaricato di pubblico servizio, che somma alla soggiacenza della Corte dei Conti quella del codice penale.
La rilevanza penale del fenomeno dell’usurpazione in senso stretto appare del tutto giustificata se si osserva che una funzione o attribuzione inerente a un pubblico impiego, svolta da chi non ha un’investitura, neppure irregolare, rappresenta un pregiudizio per la normalità del funzionamento della p.a., la quale viene alterata nella sua esistenza organizzativa, nella legittimità e, soprattutto, nelle garanzie offerte dal suo operato.
L’usurpazione, in questo senso, non va confusa con il semplice “abuso”, poiché essa costituisce un reato: la fattispecie di usurpazione di cui all’art. 347 c.p. sanziona, infatti, non un “fare qualcosa che non si poteva fare”, ma l’assoluto difetto di potere in capo all’agente e, quindi, “l’essere un qualcuno che non si poteva essere”. Il fine è, peraltro, quello di evitare che un privato si trasformi, per effetto di una arbitraria autoassunzione di poteri, in un soggetto di diritto pubblico.
Usurpare significa prendere arbitrariamente possesso dell’ufficio o compiere, sempre arbitrariamente, sine titulo, uno o più atti di esercizio dei poteri corrispondenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, o comunque arrogarsi funzioni che non competono.
Nel reato di usurpazione di pubbliche funzioni persona offesa è soltanto la pubblica amministrazione.
Sul versante del comportamento della P.A. sono da segnalare specifiche responsabilità nell’omissione dei provvedimenti atti alla cessazione dello stato di illegittima detenzione dei beni pubblici censurabile dalla Corte dei Conti e sotto l’aspetto penale per l’omissione di atti di ufficio.
Il rifiuto di atti d’ufficio, nei casi previsti dal primo comma dell’art. 328 c.p., è configurabile, indipendentemente dall’esistenza o meno di specifiche richieste o sollecitazioni volte ad ottenere il compimento degli atti medesimi, ogni qual volta dalla indebita e volontaria inerzia del soggetto che dovrebbe provvedervi derivi, pur in assenza di termini previsti come perentori, l’oggettivo pericolo di una lesione del bene tutelato. (cass. n. 17069/2012, n. 13519/2009, n. 12147/2009, n. 7766/2003).
Nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 328 c.p., il bene giuridico tutelato è il buon andamento della pubblica amministrazione, il cui presupposto immancabile è l’effettività (la tempestivita’) dell’assolvimento delle pubbliche funzioni o dell’erogazione di un pubblico servizio.
Di converso a complicare la qualificazione di tale comportamento quale reato ex art 328 cp. interviene la Cassazione che con la sentenza 9 aprile – 9 dicembre 2014, n. 51149 rileva che la norma incriminatrice non sanziona penalmente la generica inerzia o la scarsa sensibilità istituzionale del pubblico ufficiale, ma un rifiuto consapevole di atti da adottarsi senza ritardo per la tutela di beni o interessi pubblici. Con la conseguenza che l’elemento soggettivo del reato di rifiuto di un atto di ufficio urgente deve sussistere al momento della condotta tipica, cioè al momento in cui si manifesta il contegno omissivo (dolo c.d. concomitante), perché per la configurabilità del reato è necessario che il pubblico ufficiale agente abbia consapevolezza del suo contegno omissivo, dovendo rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento contra ius. Con l’effetto che tale requisito di illiceità speciale circoscrive la rilevanza penale della condotta omissiva alle sole forme di diniego di adempimento che non rinvengano alcuna logica giustificazione in base alle norme disciplinanti il correlativo dovere di azione (cfr. ex plurimis: Sez. 6, n. 10390 del 24.1.2008, Magaldi, Rv. 238927; Sez. 6, n. 8996 del 11.2.2010, Notarpietro, Rv. 246410).
Il reato ex articolo 328 cp. rientra tra i c.d. reati di pericolo, e per cui ai fini della punibilità non è richiesto che nel concreto si sia prodotto un danno: è sufficiente che non sia stato compiuto un atto che, secondo l’ordinamento e secondo i motivi indicati dal primo comma dell’articolo 328 cp., avrebbe dovuto essere compiuto.
A maggior ragione l’analisi di altre tipologie di reati ipotizzabili, quali il delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p.,e quello di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater c.p. si presenta impraticabile per l’inopinabile percorso cognitivo degli organi giurisdizionali titolati alla qualificazione di detti comportamenti.
Occorre infine esaminare il comportamento omissivo del Comune (inerzia omissiva) attuato con la mancata adozione dei provvedimenti di sua competenza, relativamente alla tutela dei beni pubblici acquisiti col P.di.L. convenzionato e all’inserimento dell’impianto di fognatura e depurazione nello stato di consistenza degli impianti comunali da trasferire al gestore unico Abbanoa spa, e la possibilità dei Partecipanti a dedurre la violazione dell’art. 2043 c.c. e la responsabilità da lesione di interesse legittimo, nella configurazione elaborata da Cass. S.U. 500/99.
La sentenza Cass. SU 500/99 impone il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo alla pubblica amministrazione come apparato (in virtù del secondo comma dell’articolo 28 della Costituzione) con conseguente segnalazione della sentenza di condanna al competente giudice contabile.
E’ una valutazione di questo percorso che viene lasciata alla professionalità degli altri partecipanti al tavolo del dibattito in corso.
Rispetto al comportamento tenuto da Abbanoa spa nell’interruzione del servizio acquedotto la configurabilità del reato di ragion fattasi (esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art 392 cp.) avrebbe minime possibilità di acclaramento poichè sono numerose le sentenze che la negano, in quanto, con riferimento alla disciplina civilistica, la sospensione della fornitura si ricollega al più ampio istituto della eccezione di inadempimento, prevista dall’articolo 1460 del codice civile, che consente al contraente di rifiutarsi di adempiere alla propria prestazione laddove l’altro non adempia, o non offra di adempiere la propria, salva la contrarietà a buona fede.
Quanto alla ipotesi di interruzione di pubblico servizio, reato previsto dall’art. 331 cp, attribuibile agli esercenti di imprese che forniscano servizi pubblici o di pubblica necessità, nel caso in cui interrompano il proprio servizio, occorre preliminarmente verificare accuratamente i presupposti del reato.
In primo luogo l’elemento oggettivo, ossia il tipo di azione posta in essere e la sua idoneità a creare concretamente un “turbamento” nella regolarità del servizio, verificandone l’entità dell’interruzione.
In secondo luogo, sarà utile esaminare elementi che portino a dimostrare l’assenza di motivazioni esterne o di cause di giustificazione.
L’imprenditore o l’esercente del servizio risponderà nel caso in cui abbia agito con mala fede, ossia con dolo: il soggetto dovrà aver agito con specifica intenzionalità diretta a provocare l’interruzione o il turbamento del pubblico ufficio o servizio, ovvero con la consapevolezza che il proprio comportamento possa determinare quegli effetti, accettandone ed assumendosi il relativo rischio.
Ora, per il primo aspetto, l’interruzione del servizio ha interessato e interessa la totalità del Territorio di Costa Paradiso, comprensorio residenziale-turistico urbanizzato e, contrariamente a quanto sostiene Abbanoa spa, non si tratta della semplice interruzione per morosità di una singola utenza, ma di quella operata sulle valvole di intercettazione dell’acquedotto del demanio comunale che serve il Territorio di Costa Paradiso di acqua potabile.
Ciò, per il secondo aspetto, allo scopo di obbligare la Comunità, quale unico contraente, a saldare le morosità della fornitura dell’acqua che viene ripartita tramite la rete di distribuzione del demanio comunale alle singole utenze per le quali la Abbanoa spa ha preteso e pretende il pagamento della quota fissa di ogni contatore.
Alla luce di quanto sopra, si dovrebbe parlare nel rapporto intercorrente tra Abbanoa spa e la Comunità non di contratto di somministrazione, ma di un vero e proprio contratto di intermediazione, come ha sostenuto con l’ordinanza n. 15600 del 29 settembre 2014 il Tribunale di Brescia in sede collegiale nei motivi della sua decisione di diniego all’interruzione sulla base delle seguenti argomentazioni:
a) il servizio di fornitura attraverso un unico contratto condominiale non è un servizio erogato dal condominio, ma dalla società erogatrice, instaurandosi tra il condominio e l’ente un contratto di semplice intermediazione economica;
b) i condomini virtuosi possono evitare di farsi carico delle morosità stipulando contratti individuali autonomi diretti con l’ente fornitore;
c) dalla mancata erogazione dell’acqua ne deriverebbe un pregiudizio diretto e immediato alle condizioni di vita e di salute con pregiudizio dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione.
Anche il Tribunale di Nuoro con decreto del luglio 2015, nel riconoscere il diritto di Abbanoa a ricevere il deposito cauzionale contesta il taglio del servizio a tutto il condominio anche se una parte ha pagato con regolarità.
Sostiene il Giudice: «Pare fonte di un grave squilibrio contrattuale la possibilità per Abbanoa di avvalersi di uno strumento di coercizione in grado di incidere sulla sfera individuale del condomino virtuoso, senza dover prima opporre l’eccezione di inadempimento nei confronti del condomino moroso e in ogni caso pare fonte di squilibrio la clausola che permette al gestore di imporre lo slaccio dell’utenza all’intero condominio, impedendo la fruizione del servizio ai condomini in regola con i pagamenti». «Lo squilibrio contrattuale si percepisce nella posizione del singolo utente che non ha strumenti per evitare lo slaccio dipendendo, quest’ultimo, da fattori completamente estranei alla sua sfera di controllo. Deve ritenersi vessatoria la clausola inserita nelle condizioni generali di contratto per utenze condominiali predisposta da Abbanoa, all’art. 14 “Morosità e sospensione del servizio idrico integrato” nella parte in cui prevede, una volta formalizzata la messa in mora che “Il Gestore provvede alla tutela del proprio credito secondo quanto stabilito nel Regolamento del Servizio idrico Integrato ricorrendo anche alla sospensione del servizio idrico integrato con interruzione della fornitura al contatore master. La sospensione della fornitura idrica e di depurazione sul contatore generale comporterà la mancata erogazione del servizio per tutte le utente collegate”. La società deve essere inibita dall’inserimento della clausola nelle condizioni generali di contratto».
Con tali premesse appare percorribile una class action da parte di coloro che sono in regola con i pagamenti.
Quanto sopra dà sostegno e conforta sull’accoglibilità e la correttezza della stipula di contratti individuali con Abbanoa spa da parte dei singoli utenti e ciò sprona i partecipanti a procedere con tale formalità per ottenere la regolare fornitura del servizio.
Quanto alla morosità della Comunità nei confronti di Abbanoa spa, la pretesa sarà oggetto eventualmente di un contenzioso da risolversi nelle forme legge e nelle sedi opportune.
Quanto sopra argomentato interessa entrambi gli elementi che compongono il SII, acquedotto e fognatura.
Per questo secondo elemento occorre precisare che è stata rilasciata recentemente dalla Provincia al Presidente della Comunità l’autorizzazione quadriennale allo scarico.
Tale autorizzazione è stata rilasciata della Provincia ad un soggetto non titolato alla richiesta e al rilascio, in quanto né proprietario né concessionario dell’impianto, ma mero gestore materiale, quindi in una posizione quantomeno di illegittimità amministrativa, tacendo sui risvolti penali.
La determinazione dirigenziale n. 97/2017 di autorizzazione oculatamente per non incorrere in rilievi di illegittimità, dispone:
ART.8 Che sono fatte salve le eventuali autorizzazioni, prescrizioni e concessioni di competenza di altri enti, organismi e/o uffici, nonché le altre disposizioni legislative e regolamentari comunque applicabili in riferimento all’attività dell’impianto autorizzato dal presente atto ai sensi dell’art. 124 del D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii.. (PDF editor’s note – AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI art. 124 del D.Lgs. n. 152/2006)
Il provvedimento, quindi, anche se non apertamente, rimette tutto nelle mani del Sindaco che dovrà rilasciare le eventuali autorizzazioni, prescrizioni e concessioni di competenza.
Ma come ben sa il Sindaco, la Comunità Costa Paradiso non può essere concessionaria nè del servizio acquedotto nè del servizio fognatura e depurazione in quanto la legge prevede che tali servizi di natura pubblica costituiscono il Servizio Idrico Integrato che deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie, e organizzato sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), per cui il provvedimento dirigenziale presenta la caratteristica dell’efficacia differita all’avveramento delle previsioni dell’art. 8 dello stesso.
Il primo cittadino di Trinità, Comune proprietario dell’impianto fognario e di depurazione rifiuti del Comprensorio Costa Paradiso, richiami alla sua Amministrazione l’autorizzazione rilasciata impropriamente al Presidente predetto per chiederne la voltura in capo al legale rappresentante del “gestore del servizio idrico integrato” come definito dall’articolo 74 comma 1, lettera r) del D.Lgs. 152/06, cioè Abbanoa spa (così anche l’art. 5 -Autorizzazione allo scarico- della Direttiva Regionale sugli scarichi n. 69/25 del 20.12.2008).(PDF editor’s note – Direttiva Regionale n. 69/25 del 20.12.2008), previa modifica dello stato di consistenza del sistema idrico-fognario della delibera C.C. n. 16 del 15 maggio 2007, con il risultato di trasferire con un solo provvedimento al gestore unico del SII, Abbanoa spa, le due componenti del servizio, la rete di adduzione e distribuzione idrica e quella della fonatura e depuratore.
Ciò sarà propedeutico anche per l’autorizzazione all’allaccio delle abitazioni non ancora collegate all’impianto fognario ed il rilascio del certificato di abitabilità alle unità abitative che ne fossero sprovviste.
Angelo Bloise.
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