La scoperta firmata anche dal team del prof. Mario Ventura del Dipartimento di Biologia di Bari.
Ci sono voluti 21 anni, una squadra di menti eccellenti e tecnologie avanzatissime, ma finalmente il ‘libro della vita’ è stato completato e scritto in ogni sua parte. Il Dna non ha più segreti e diventa più facile fare passi in avanti nella medicina personalizzata e nella diagnosi di malattie finora impossibili da riconoscere.
Il team barese è composto da giovani ricercatori, dai 26 ai 46 anni, arrivati all’Università di Bari dopo diverse esperienze internazionali tra Stati Uniti, Estonia e Germania. Da circa vent’anni, il gruppo è impegnato nello studio del genoma umano e dei primati, alla ricerca delle relazioni tra malattie genetiche ed evoluzione del genoma. Ha pubblicato diversi articoli su riviste prestigiose come Science e Nature. Il professor Ventura è al momento affiliate professor nella stessa Università di Washington.
In primis, per comprendere l’importanza di questo risultato, bisogna partire dalla definizione di genoma. “È il dna che compone le nostre cellule – spiega Ventura – Indica l’insieme di sequenze nucleotidiche e proteine che si trovano nel nucleo della cellula. Ciò che è scritto nel genoma dà quindi origine alla cellula, ai tessuti e a tutto quello che compone l’individuo. Se ho la possibilità di conoscere le “lettere” che compongono il dna, posso conoscere le proteine prodotte, se ci siano mutazioni e quali sono i loro effetti. La grande novità di questo lavoro è che, a distanza di vent’anni dal primo tentativo di sequenziamento, siamo riusciti a ottenere un genoma umano perfetto, letto dall’inizio alla fine, senza errori e buchi”.
Non è infatti la prima volta che viene sequenziato (quindi “letto”) il genoma. Ma non lo si era mai fatto integralmente: le tecnologie che venivano utilizzate in precedenza consentivano di leggerlo soltanto dividendolo in piccoli pezzettini: quando venivano ricomposti e messi in ordine si commettevano inevitabilmente errori e si creavano buchi. Le tecnologie impiegate attualmente permettono invece di studiare pezzi più ampi e quindi la possibilità di buchi ed errori si è annullata. Fino al risultato perfetto.
In questo studio è stato utilizzato il genoma di una linea cellulare (cioè tante cellule insieme) chiamata mola idatiforme: una linea cellulare generata dalla fecondazione di un oocita non nucleato da parte di due spermatozoi aploidi, quindi identici (questo tipo di linea si trova in una forma di tumore benigno a seguito di gravidanze che non vanno a buon fine). Sono diverse dalle cellule umane che sono invece formate da due corredi aploidi diversi tra di loro, cioè quello materno e paterno: questa differenza provoca difficoltà nelle ricerche, e per questo per semplificare il lavoro è stata utilizzata la mola idatiforme.
Il genoma cambia da persona a persona. Ma grazie alla nuova lettura completa si avrà un riferimento importantissimo per studiare il genoma di chiunque. E il professor Ventura fa un esempio pratico: “Pensiamo di avere una mappa geografica: voglio andare a vedere la Puglia – nel nostro caso è lo studio di un determinato gene all’interno del genoma – Il genoma che abbiamo letto ora è una mappa chiara e ben definita (che prima non era disponibile) mentre il genoma che vogliamo andare a studiare è una cartina sfocata. Ora io vado a mettere la mappa chiara davanti a quella imprecisa e troverò la posizione della Puglia. Certo, la regione della mappa imprecisa avrà magari il Gargano un po’ più sporgente rispetto a quello della mappa chiara, il Salento sarà un po’ più corto, perché ogni genoma è diversa, ma sono differenze minime rispetto all’insieme”.
Oltre all’importanza della scoperta in sé per sé, sono fondamentali anche le sue applicazioni pratiche nel campo della medicina. “Se ho il genoma completo e non ho più regioni che non conosco, posso andare a confrontare il “modello” con il genoma dell’individuo da studiare – continua il professore – E questo è importantissimo per la medicina personalizzata: nel modello precedente, con errori, erano state individuate molte meno duplicazioni segmentali (regioni ripetute) rispetto a quelle trovate nel nostro. Quelle del gene Lpa, che prima non si conoscevano, possono aiutare a comprendere la probabilità di insorgenza di malattie cardiovascolari. Ma questo concetto si può estendere a tutte le malattie genetiche, come quelle che coinvolgono l’immunità, lo sviluppo del sistema nervoso e del cervello”.
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