Il colpevole silenzio su Israele-Hamas

by • 22 maggio 2021 • ESTERI, In evidenzaCommenti disabilitati su Il colpevole silenzio su Israele-Hamas787

Chiunque abbia sinceramente a cuore la causa di Israele e il diritto a esistere della Palestina, deve partire da questa precisa premessa.

Negli ultimi dieci anni si è volutamente ridotto lo spazio per il confronto, nel migliore dei casi abbandonando la questione israelo-palestinese al proprio destino e nel peggiore promuovendo iniziative pericolose, come il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte degli Stati Uniti.

E mentre le condizioni delle regioni sono andate deteriorandosi negli anni, si è fatto finta di non vedere, mettendo la polvere sotto il tappeto.

Viene da chiedersi a cosa serva il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che dovrebbe presiedere alla pace e alla sicurezza tra le nazioni, quando rimane bloccato dal veto di un membro permanente di fronte all’ennesima escalation, come già più volte è avvenuto in passato.

Il Parlamento Europeo, non affronta la vicenda dalle ultime elezioni, ostaggio dell’intransigenza del gruppo dei Popolari e di Renew che hanno bloccato la proposta di affrontare la crisi di queste ore in un dibattito sulle urgenze del parlamento europeo, relegandola in secondo piano.

Questo silenzio porta con sé un macigno di responsabilità che non è cancellabile con le retoriche prese di posizione degli ultimi giorni. Una retorica presente anche nel centro-sinistra italiano ed europeo.

L’Europa e le istituzioni internazionali hanno inciso nei loro trattati fondativi la promozione della coesistenza pacifica e democratica tra i popoli, il rifiuto della guerra.

Fino a quando prevarranno interessi strategici, economici o la semplice negligenza, quei valori rimarranno lettera morta. L’esito di tutto questo è sotto i nostri occhi. Si sono rafforzate naturalmente le posizioni radicali.

In entrambi i fronti questo ha agevolato la permanenza al potere delle forze più integraliste, che hanno spesso utilizzato la logica del nemico e della sicurezza per coprire i propri fallimenti di politica interna. Ma queste posizioni sono insostenibili e causano indicibili sofferenze.

La vicenda di queste ore ci dimostra che quella di Netanyhau era un’illusione. La politica della forza, degli insediamenti illegali, il blocco e l’assedio di Gaza e lo sgombero forzato di palestinesi con la conseguente perdita dei loro possedimenti, non solo ha reso la loro vita impossibile, ma non ha rafforzato la sicurezza di Israele.

Restano le violazioni dei diritti umani e degli accordi internazionali, la privazione delle minime condizioni di sopravvivenza per milioni di palestinesi, minacce di intervento con forze di terra come sta avvenendo oggi.

Allo stesso modo la reazione di Hamas, attraverso il lancio di razzi verso la popolazione civile israeliana, oltre ad essere un atto intollerabile, a sua volta mette a repentaglio la vita dei cittadini della striscia.

Eppure, condannare la violenza non è bastato, non basta e non basterà. E non aiuta nessuno decidere chi ha avuto torto per primo, reiterando il gioco pericoloso della colpa.

L’unica strada per una pace possibile è la riapertura di un negoziato tra le parti guidato dalle Nazioni Unite e sostenuto convintamente dalle grandi potenze.

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