Una generazione che si è emancipata dall’autorità dei genitori per finire soggetta alla tirannia dei coetanei. Una generazione che sta male come poche prima di lei, che non ha conosciuto la guerra ma conosce più di ogni altra l’apatia, la depressione, l’autolesionismo. Sono i nuovi adolescenti, indecifrabili – fragili e spavaldi – schiacciati dal narcisismo e della fragilità degli adulti, a loro volta eterni adolescenti.
E’ il ritratto emerso da L’educatore al bivio: legare o sciogliere, incontro che ha aperto il ciclo L’ascolto del figlio organizzato dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e che ha visto andare in scena un confronto tra la pedagogista Milena Santerini, il teologo Pierangelo Sequeri e lo psichiatra Paolo Crepet.
Un invito a fare un passo oltre i luoghi comuni, in cui i principali imputati sono il ’68 e il celebre psichiatra Benjamin Spock, che hanno liberato i giovani dall’autorità dei genitori, creando però un vuoto educativo: “La neutralità pedagogica crea incertezza, solitudine, ansia” spiega Santerini: “Oggi le scelte sono sempre meno condizionate ma nella società individualista si paga la libertà con la solitudine”.
“Oggi parliamo di patriarcato e tutti si vergognano di dire che invece c’è una figliocrazia” esordisce Crepet: “Ed è davvero strana la generazione che ha contestato i propri genitori per diventare schiava dei figli”. “Non far mancare nulla a un ragazzo significa creare una generazione di fragili che a vent’anni non sanno che cosa sia la frustrazione e la sconfitta. “Siamo arrivati all’idea di togliere i voti, abbiamo messo la gommapiuma su tutti gli spigoli, creato un mondo senza cerotti”. “La cosa che più mi spaventa – continua Crepet – è il tramonto emotivo. Vogliamo anestetizzare questo mondo sofferente. Una volta ho sentito una madre gridare al bambino che giocava a calcio: corri piano che sennò sudi!”.
Anche Freud e la liberazione sessuale finiscono sotto accusa: “Ritenere che l’ossessione dell’umanità sia il sesso è ormai fuori dai tempi”. “Pensavamo che il sesso fosse una questione politica – aggiunge Sequeri – invece la politica è diventata una questione sessuale, legata al godimento e all’appagamento. Pensate alla pubblicità, che non vende prodotti ma rappresentazioni di sé che dentro la simbolica del godimento sessuale fanno crescere il senso di impotenza e morire anche l’intimità coniugale, che diventa una merce buona per tutto”.
Anche la Chiesa, spiega il direttore della Cattedra Gaudium et Spes, ha le sue responsabilità: “Quando parliamo di matrimonio siamo ancora inchiodati ai fidanzatini di Peynet. La teologia della famiglia non è diventata una teologia della società. Dobbiamo smettere di essere ossessionati dalla coppia, perché se la consideriamo l’unica cosa importante, tutti gli altri rapporti cercheranno di avvicinarsi lì, a cominciare dell’amicizia”. Sequeri ne ha anche per il politicamente corretto “che produce regole senza senso sperando che cresca un senso senza regole”.
“Dovremmo riuscire a non leggere la sessualità come codice dei rapporti sociali e allo stesso tempo non rinunciare ad essa – osserva Santerini – non sessualizzare l’educazione insegnando però ai ragazzi a usare il corpo”.
“Il primo femminismo sessantottino voleva fare giustizia dell’oppressione e del patriarcato – replica Sequeri – il secondo femminismo ha cercato di far valere il corpo e la sua differenza. Il femminismo di oggi non è più nemmeno femminile, perché il corpo è diventata un’appendice plasmabile a seconda di cosa la mente decida di essere”.
“L’intelligenza artificiale – conclude Crepet – proporrà un utero perfetto, la musica perfetta, la temperatura perfetta per una gravidanza, cercherà di programmare l’assenza di frustrazione. Ma ci piace davvero che un figlio nasca in questa assoluta perfezione? Io penso che perda l’incanto”.
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