A Petrozavodsk, nella Russia europea settentrionale, è stata multata per 15 mila rubli (200 euro) la madre di cinque figli Ekaterina Kukharskaja, riconosciuta colpevole della solita accusa di “discredito delle Forze Armate”, per la quale ormai è sufficiente un’alzata di sopracciglia nel momento sbagliato. Lei invece attaccava in vari posti per strada dei nastri con le scritte “Non uccidere le persone” e “No alla guerra”.
In un’intervista a Sever.Realii, Ekaterina spiega che “in realtà siamo in tante a esprimerci contro la guerra, anche se cercano di nasconderci”. Quarantasette anni, insegnante di yoga, la madre-coraggio ha parenti in Ucraina, e le “proteste silenziose” sono state per lei fin da subito “quasi l’ultimo simbolo della speranza”, cominciando con i post sui social. La più grande dei suoi 5 figli vive in un’altra città, mentre gli altri sono ancora con lei, che li mantiene e educa da sola.
Quando le autorità hanno cominciato a punire anche i messaggi su internet, Ekaterina ha chiuso gli account al pubblico come tutti, lasciando solo un avatar al posto della sua foto, una nuvola simile a una colomba bianca che vola. Subito dopo l’inizio dell’invasione ha chiamato un amico fidato, che le ha detto di non preoccuparsi, perché quelli “in alto” sanno quello che fanno, e tutto sarebbe finito in due mesi al massimo. Allora ha cominciato ad appendere in giro le strisce verdi con le scritte, “perché il verde è il colore della speranza”.
Esce di casa di notte, in abiti scuri col cappuccio, e distribuisce i nastri anche quando va al lavoro o accompagna i figli a scuola, dandoli anche ai bambini “che capiscono bene a che cosa si riferiscono”, anche senza alcuna scritta. Alla fine le telecamere di sorveglianza l’hanno riconosciuta nonostante i cambi d’abito, perché il cane che portava a passeggio era sempre lo stesso, e in pochi minuti è stata circondata da diverse macchine con sirene e lampeggianti, mentre attaccava la striscia “Non uccidere”, alle 10 di sera del 15 maggio.
All’interrogatorio in questura, Ekaterina ha firmato un verbale con la sua confessione: “attacco le strisce perché sono radicalmente contraria a qualunque guerra, come insegnante di yoga seguo la filosofia della non-violenza, e non avevo intenzione di screditare nessuno”. È stata trattenuta in silenzio per un paio d’ore, finchè “si concludevano le operazioni del gruppo investigativo”. Alla fine un funzionario è tornato a farle domande, dopo che avevano setacciato tutti gli account social e verificato il cellulare, e lei ha capito che era un membro dell’Fsb, che cercava di ottenere da lei delle delazioni su altri “pacifisti”, “magari qualcuno le ha dato questi nastri, offrendole dei soldi?”. Anche i suoi corsi di yoga sono stati messi sotto osservazione, caso mai diffondesse “concetti screditanti” durante gli esercizi di respirazione.
La Kukharskaja non si è spaventata per le pressioni degli inquirenti, “il terrore viene quando uccidono la gente, semmai temo per il futuro dei miei figli, che non avranno un futuro, e gli hanno sottratto anche il presente”. I figli la sostengono, anche se i più grandi cercano di metterla in guardia dagli eccessi di attivismo, e tanti amici e conoscenti sono dalla sua parte, anche se molti altri cercano di farle cambiare idea.
Alcuni le hanno proposto di trasferirsi in posti più tranquilli, nei villaggi della Carelia, di cui Petrozavodsk è il capoluogo, ma dove la propaganda di Stato attecchisce di meno. Tra i contatti in Ucraina c’è anche una cugina, “con cui ci scriviamo tutti i giorni”, e a lei racconta le sue azioni di protesta, perché anche nei luoghi più devastati “si sappia che in Russia qualcuno è contrario a questa invasione”.
Ekaterina conclude che “spesso si dice che questi nastri e queste scritte non servono a niente, se non a complicarsi la vita, ma io dico che sono assolutamente necessari: sapete quanto fa bene al cuore, quando mi dicono che ne hanno messo un altro accanto al mio?”.
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