Il governo Modi ha approvato mercoledì 15 dicembre un disegno di legge che prevede per le donne l’innalzamento a 21 anni dell’età minima per il matrimonio. Verrebbe così parificata a quella degli uomini, emendando la legge che nel 1978 fissava per le spose il solo requisito dei 18 anni compiuti. L’obiettivo del provvedimento – che dovrebbe essere discusso dal parlamento federale durante la sessione invernale – è compiere un ulteriore passo avanti nella lotta contro i matrimoni minorili, che al di là di quanto prevedono le norme restano comunque una pratica diffusa, soprattutto nelle aree rurali indiane. Secondo un’indagine ufficiale condotta nel 2019, il 23,3% delle donne indiane tra i 20 e i 24 anni ha dichiarato di essersi sposata prima di aver compiuto 18 anni.
L’intenzione di alzare l’età del matrimonio per le ragazze era stata annunciata dallo stesso premier Narendra Modi nel suo discorso per la Giornata dell’indipendenza dello scorso anno. A pesare sulla scelta sono anche i cambiamenti in atto nella società indiana. Commentando il disegno di legge Jaya Jaitly, l’ex leader del Samata Party che ha guidato la commissione incaricata di stendere il testo, ha dichiarato: “Se parliamo di uguaglianza di genere e di politiche di genere in ogni campo, non possiamo lasciare fuori il matrimonio. Sarebbe un messaggio molto strano continuare a dire che una ragazza è pronta per sposarsi a 18 anni, privandola della possibilità di andare al college, mentre l’uomo può prepararsi alla vita e al sostentamento della famiglia fino ai 21 anni”.
Il disegno di legge del governo Modi sta facendo, però, già discutere la società indiana, perché è previsto che vada a prevalere sulle norme della legislazione locale che riconoscono le prerogative delle singole comunità religiose in rapporto ai matrimoni. I primi a levare gli scudi contro l’innalzamento a 21 anni dell’età minima delle spose sono state le comunità musulmane indiane.
Il leader della Muslim League E. T. Mohammad Basheer ha già presentato oggi una mozione in parlamento in cui si dichiara che la decisione del governo è contraria alla legge islamica sullo statuto della persona ed è un ulteriore passo verso l’introduzione di un codice civile uniforme nel Paese. “Ci opporremo – ha commentato – a questo tentativo di implementare un obiettivo dell’ideologia nazionalista indù. Il matrimonio, il divorzio e il diritto alla proprietà sono questioni che attengono alla nostra fede”.
Il matrimonio, in India, è una cerimonia sacra, un dovere religioso più che una scelta libera esercitata da due persone consenzienti. Nella società indiana i due sposi perdono il ruolo di protagonisti, e il matrimonio è gestito dalla famiglia di appartenenza. Usanza obbligatoria, il matrimonio indiano è infatti caratterizzato dall’ipergamia, secondo la quale un uomo di casta alta prende in sposa una donna di casta bassa. Il sistema contrario, ovvero quello dell’ipogamia, è severamente vietato e punibile con l’ostracismo, se non addirittura con la morte. Una donna di casta alta, infatti, vede preclusa la possibilità di avere qualsiasi tipo di rapporto intimo con un uomo di casta inferiore. Se alla secolare pratica dell’ipergamia si aggiungono altre selezioni restrittive, come l’esogamia di villaggio e di lignaggio, si intuisce come la corsa competitiva per la ricerca dello sposo o della sposa sia accentuata.
In India il matrimonio può essere celebrato in tanti modi, a seconda della regione, della religione e delle preferenze degli sposi. Si tratta, in ogni caso, di giorni di grande festa, celebrati con vaste decorazioni, tantissimi colori, musica, costumi e rituali. In India vengono celebrati circa 10 milioni di matrimoni all’anno e, nell’80% dei casi, il tipico matrimonio indiano è quello Indù.
Il matrimonio indù viene chiamato Vivaha ed è un’istituzione molto sentita, caratterizzata da rituali e durata della celebrazione che varia da regione a regione. La cerimonia nuziale vera e propria è detta Vivaha sanskar in India del nord e Kalyanam in India del sud. Gli induisti attribuiscono molta importanza al matrimonio.
Ad accomunare le diverse tipologie di matrimonio sono tre principali riti comuni: il Kanyadaan, il Panigrahana e lo Saptapadi. Nel primo la figlia dice addio al padre, nel secondo si tiene simbolicamente la mano vicino al fuoco in segno di unione e nel terzo, infine, gli sposi fanno sette giri intorno al fuoco facendosi sette promesse. Il fuoco è l’elemento simbolicamente più importante di tutta la cerimonia, che si svolge quasi sempre in sanscrito – la lingua per le cerimonie religiose in India – ma possono essere usate in alternativa le lingue locali degli sposi.
La durata dei matrimoni indiani varia a seconda delle preferenze e delle disponibilità economiche delle rispettive famiglie e dipende dalla scelta o meno di organizzare diverse cerimonie pre e post-matrimonio. Ad esempio, prima della cerimonia del matrimonio si può organizzare la cerimonia di fidanzamento, con conseguente corteo dello sposo presso la casa della sposa. Dopo la cerimonia nuziale, invece, possono svolgersi diverse cerimonie per accogliere la sposa nella nuova casa. Tuttavia, per legge nessuno matrimonio può dirsi celebrato senza la cerimonia dei sette giri in presenza del fuoco sacro.
L’antica tradizione e letteratura indù stabiliscono l’esistenza di otto tipologie di matrimonio:
Matrimonio Brahma – si tratta della forma di unione più diffusa ancora oggi, ed è considerata la più appropriata tra le otto. In questo caso, il padre della sposa propone ad un uomo da lui selezionato la mano della figlia. Di comune accordo, le due famiglie si incontrano e la ragazza viene donata in sposa e accettata.
Matrimonio Daiva – questo secondo tipo di matrimonio si svolgeva in tempi antichi e oggi non è più in uso: il padre dava la propria figlia in dono sacrificale ad un prete.
Matrimonio Arsha – nel matrimonio Arsha, lo sposo dona una mucca e un toro al padre della ragazza, in cambio il padre dà la figlia in sposa all’uomo. Per quanto discutibile, questa pratica è considerata appropriata dalla comunità indiana. In cambio, lo sposo promette solennemente di provvedere al sostentamento della famiglia.
Matrimonio Prajapatya – in questa sorta di matrimonio civile, la coppia si scambia alcuni mantra in sanscrito.
Questi quattro tipi di matrimonio sono approvati dall’induismo, ne esistono poi altri quattro che vengono considerati inappropriati, di cui due accettabili e due inaccettabili.
I due accettabili sono:
Matrimonio Gandharva – la coppia convive per amore, senza cerimonie religiose.
Matrimonio Asura – in questo caso, lo sposo offre al padre della sposa una dote, il padre la accetta, ovvero vende la propria figlia. Questo tipo di matrimonio viene considerato inappropriato perché potrebbe indurre all’avidità e causare unioni tra persone appartenenti a classi sociali diverse.
Ci sono poi due tipologie di matrimoni che sono inappropriati e inaccettabili, anche se i figli nati da queste unioni sono considerati legittimi. Si tratta di:
Matrimonio Rakshasa – lo sposo rapisce la donna contro la sua volontà e quella della famiglia.
Matrimonio Paishacha – lo sposo prende una donna incosciente, perché ubriaca o drogata.
Nel matrimonio indù particolare attenzione ha l’abbigliamento delle spose. Le spose indiane si presentano ai futuri mariti maestosamente abbigliate, indossando una gonna ricamata detta lehnga o un sari. L’abito da sposa è generalmente rosso o dorato, soprattutto perché il rosso è considerato di buon auspicio. Il velo sulla testa della sposa simboleggia verginità e modestia.
La vestizione della sposa si compone di varie fasi.
Vestito da sposa: può essere, come detto, una gonna riccamente ornata o un sari ricamato. Una volta scelto l’abito, si scelgono gli accessori da abbinare.
Acconciatura: anche detta Kesh, l’acconciatura prevede che i capelli siano legati in maniera armonica con la decorazione dell’abito. Questa sorta di treccia si compone di tre parti, ciascuna simbolo di un diverso fiume sacro dell’India, rispettivamente: Gange, Yamuna e Saraswati. L’abito è decorato con fiori disposti in uno schema detto Gajra e un gioiello sulla fronte detto Maang tikka.
Gioielli e disegni all’hennè: Le Haar sono le collane che la sposa indossa il giorno del matrimonio, di solito composte da oro e diamanti con disegni molto elaborati. Una delle collane che il marito mette al collo della sposa è invece il Mangalsutra, che simboleggia il fatto che la donna è divenuta moglie. I bracciali d’oro che la sposa indossa si chiamano Choodiyan e costituiscono un augurio di lunga vita per lo sposo. Ci sono anche i Baajuband, di diamante, d’oro o d’argento, che servono a proteggere dal male. Alle orecchie si indossano pesanti orecchini, i Karnphool, spesso resi più leggeri da una catenina fissata ai lati delle orecchie. Sulle mani e sui piedi la sposa mostra elaborate decorazioni all’hennè, dette Mehendi. Ai piedi la sposa indossa il Payal, una cavigliera con campanelli, mentre l’anello Bichuas indica che la donna è sposata e viene portato sul secondo dito del piede. Sul pollice la donna porta generalmente anche l’Aarsi, un anello con uno specchio incastonato.
Cintura: La cintura che cinge la vita della sposa si chiama invece Kamarbad, di solito dorata con pietre.
Nath: il Nath è un grosso anello che si porta alla narice destra, spesso abbellito da pietre preziose e collegato con una catenina all’orecchio destro.
Per concludere la preparazione della sposa, c’è l’Itar, un profumo che viene spruzzato sulla pelle al fine di mantenersi fresca e profumata per tutta la durata dei festeggiamenti.
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