Cina, obiettivi e strategie geopolitiche (prima parte)

by • 11 settembre 2020 • ESTERI, In evidenzaCommenti disabilitati su Cina, obiettivi e strategie geopolitiche (prima parte)902

Per descrivere l’atteggiamento che la Cina ha avuto nei confronti degli Stati Uniti fino all’avvento di Xi non c’è modo migliore che attingere al libro dei trentasei stratagemmi: “Nascondi una spada dietro un sorriso“. Il significato di questa frase potrebbe essere tradotto con: incanta e ingraziati il nemico. Quando hai guadagnato la sua fiducia, muovi contro di lui in segreto come diceva Deng Xiaoping: “mantieni un profilo basso e cresci nell’oscurità“. Ponendo come linea guida questa metafora, la Cina ha attuato la sua strategia del forte vuoto: “nelle situazioni in cui il nemico è superiore fai preparativi per il futuro agendo con calma”.
Guadagnando la fiducia degli Stati Uniti, Pechino avrebbe potuto perseguire con cautela gli obiettivi di lungo termine fino al momento in cui non sarebbe stata forte abbastanza per perseguirli esplicitamente. Questo modo di agire con calma è tipico della tradizione cinese, i decisori politici hanno sempre dimostrato una pazienza ed una lungimiranza estranea alla cultura occidentale. La storia cinese si è sviluppata in cicli lunghissimi e anche questa volta i cinesi stanno pianificando il loro futuro e quello del mondo agendo come indicava Sun Tzu: “Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento bensì vincere il nemico senza combattere“.

La Cina sta perseguendo i propri obiettivi a tutti i costi perché non li considera negoziabili, niente nella sua concezione può frapporsi fra sé stessa e il ruolo che intende ricoprire nel 2050, neanche gli Stati Uniti. Dal loro punto di vista, gli Stati Uniti agiranno per far sì che questa circostanza non si verifichi mai.

Deng Xiaoping ha introdotto la Cina nel commercio globale e i leader successivi hanno contribuito alla conquista di un ruolo nevralgico per l’impero del centro, facendo credere agli americani che una volta entrati nell’economia globalizzata si sarebbero normalizzati e si sarebbero trasformati gradualmente in qualcosa di più vicino ai canoni occidentali. Dal punto di vista culturale, del funzionamento dell’economia interna e del rispetto dei diritti umani, la Cina si è ingraziata il nemico.

Gli Stati Uniti hanno adottato a lungo una strategia di apertura tanto da salutare con gioia nel 2001 l’ingresso a pieno titolo nella WTO della Cina, processo attraverso cui è riuscita a conseguire uno degli obiettivi principali, ossia quello di smaltire il surplus di produzione manufatturiera aprendo nuovi mercati ai prodotti cinesi. Il risultato è stato un aumento vertiginoso delle esportazioni.

Nel 2019 si assiste al passo successivo, quello che mira alla concretizzazione delle ambizioni volute da Xi Jinping che intende, esattamente come Trump, assicurare la prosperità presente e futura della propria nazione riportandola ad antichi fasti. La Cina è passata da essere una potenza in ascesa inserita nel sistema americano a proporsi come una potenza che persegue degli obiettivi autonomi contrastanti con quelli dello Stato cardine del sistema internazionale. Non vedendo riconosciute le proprie istanze e il proprio ruolo in seno alle organizzazioni internazionali, Pechino ha iniziato a istituirne di alternative. In molti settori ha adottato un atteggiamento competitivo nei confronti degli Stati Uniti ponendosi spesso in contrasto e talvolta ergendosi come grande potenza alternativa. Sebbene la Cina sia una potenza in ascesa desiderosa di cambiare lo status quo, a breve termine non sarebbe però in grado in grado di rimpiazzare l’ordine globale a guida statunitense e fondarne uno alternativo.

La Cina desidererebbe che le venisse riconosciuto il ruolo di seconda potenza mondiale e di pilastro dell’ordine, che il suo ruolo nell’ordine venisse adattato alla posizione che ricopre nel mondo ed a questo fine sta attuando una serie di strategie e progetti.
Molti Stati si sono sviluppati sotto l’ala statunitense, ma mai nessuno lo ha fatto come la Cina. Soprattutto, nessuno era riuscito a diventare una grande potenza riconosciuta come tale dagli altri attori del sistema internazionale. Pechino vuole inoltre diventare una superpotenza: questa situazione è un inedito storico e sarà interessante notare come gli Stati Uniti la gestiranno. La Cina è molto lontana dal superare la potenza degli Stati Uniti e, soprattutto, non ha dei valori distintivi su cui basare naturalmente l’istituzione di un ordine alternativo. La visione sino centrica prevede un ordine gerarchico in Asia con tutti gli Stati subalterni alla tianxia (tutto sotto il cielo): come tale non è appetibile per gli Stati vicini. Così i cinesi hanno promosso i principi vestfaliani della sovranità statale adattandoli alle attuali leggi transnazionali. Qualora le richieste cinesi di vedere aumentato il proprio peso e la propria voce nelle istituzioni internazionali fossero accettate, la Cina sarebbe parzialmente soddisfatta, ma continuerebbe probabilmente a perseguire i propri obiettivi di lungo termine. Essendo questi incompatibili con quelli americani, la Repubblica Popolare è diventata la più grande challenger del XXI secolo.

La Repubblica Popolare è preoccupata del cosiddetto conflitto strutturale tra la superpotenza e il rising power. Gli Stati Uniti non vogliono vedere la Cina crescere tanto da diventare una potenza pari e Pechino, dal canto suo, teme che gli Stati Uniti possano usare le istituzioni internazionali per pressare la Cina sul rispetto dei diritti umani, sul dumping e, più generalmente, sul rispetto degli obblighi che le leggi economiche del Washington consensus impongono. Per perseguire i propri obiettivi, la Cina dovrebbe agire autonomamente e competere con le altre potenze. Gli Stati Uniti dovranno essere abili talvolta a cooperare e talvolta a competere con la Cina utilizzando il mantra dello “stick and carrot” oltre che attuare un set di strategie; che verranno analizzate nei successivi post.

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Prossimo post: Cina, obiettivi e strategie geopolitiche (2° parte)

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