Cina: dissenso sempre più represso

by • 2 ottobre 2021 • ESTERI, In evidenzaCommenti disabilitati su Cina: dissenso sempre più represso569

Il deputato di Hong Kong, Cheng Chung-tai, è stato destituito “con effetto immediato” per aver fallito il test sul ‘patriottismo’. Il Comitato di revisione dell’eleggibilità dei candidati, nuovo organismo istituito nell’ambito del riassetto radicale del sistema elettorale dell’ex colonia britannica voluto dalla Cina, ha stabilito che Cheng, esponente di Passione civica, “non era abbastanza patriottico per ricoprire una carica pubblica”. La decisione, annunciata oggi dal Segretario capo John Lee, lascia un solo deputato del Consiglio Legislativo, il parlamentino locale, a non essere allineato con il campo filo-Pechino.

Nel 2017 Cheng è stato condannato per aver capovolto bandiere della Cina e di Hong Kong in miniatura durante un dibattito. L’uomo ha anche dovuto pagare una multa di 5 mila dollari di Hong Kong, circa 645 dollari statunitensi. Il nuovo Comitato elettorale, composto da 1.500 membri, verrà nominato il prossimo 19 settembre. Circa mille membri verranno eletti, oltre 300 saranno nominati d’ufficio, mentre 156 verranno designati da una serie di istituzioni e associazioni religiose e professionali. Quelle di settembre saranno le prime consultazioni dopo la riforma del sistema elettorale imposta da Pechino lo scorso marzo, in base alla quale solo “i patrioti” potranno governare Hong Kong. Nelle ultime due settimane le autorità hanno ricevuto 1.056 candidature.

La Cina sta stringendo ogni giorno di più la morsa su Hong Kong, spegnendo progressivamente le voci dissenzienti.

Come la Hong Kong Alliance, il gruppo pro-democrazia che organizza ogni anno la veglia di commemorazione delle vittime della strage di piazza Tienanmen a Pechino, che è sotto indagine della polizia per la sicurezza nazionale nella città per il sospetto di collusione con forze straniere. La polizia ha inviato una lettera all’Alleanza in cui chiede chiarimenti sui membri, sulla situazione finanziaria e sulle attività del gruppo, secondo una copia della stessa diffusa ai giornalisti a Hong Kong, e in cui accusa il gruppo di essere un “agente delle forze straniere”, minacciando una multa di centomila dollari di Hong Kong (10.916 euro) e fino a sei mesi di reclusione qualora non venissero fornite le informazioni richieste entro il 7 settembre prossimo. Lettere analoghe sono state inviate anche a singoli individui e ad associazioni che sono membri dell’Alleanza. La vice presidente del gruppo, Chow Hang-tung, citata dall’agenzia Reuters, ha respinto come “ridicole” le accuse mosse dalla polizia. La collusione con forze straniere è uno dei reati introdotti dalla legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong imposta da Pechino lo scorso anno sulla città per spegnere i movimenti pro-democrazia. La Hong Kong Alliance in Support of Democratic Movements in China, il nome esteso del gruppo, è a rischio di sciogliersi, secondo quanto emerso nei giorni scorsi, per le pressioni di Pechino contro gli esponenti dell’opposizione, e la lettera è l’ultimo segnale di un giro di vite sempre più stretto attorno ai gruppi pro-democrazia: nelle scorse settimane hanno annunciato lo scioglimento anche il principale sindacato degli insegnanti e il Civil Human Rights Front, il gruppo che ha portato per le strade di Hong Kong centinaia di migliaia di persone nel 2019, avviando le proteste pro-democrazia nella città.

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