La carne sintetica, detta anche artificiale o coltivata, è il risultato di un processo in laboratorio che ha inizio negli anni Settanta e continua tuttora. Il suo primo prototipo è stato presentato soltanto nel 2013 ma c’è ancora molto da fare prima che la carne artificiale possa essere commercializzata.
Sono ancora molti i nodi da sciogliere al riguardo, a partire dal costo che attualmente risulta proibitivo, fino ad arrivare alla domanda che divide l’opinione pubblica: la carne sintetica è davvero un’alternativa più sana e sostenibile?
Ecco tutto quello che c’è da sapere, almeno finora.
Cos’è e come si produce la carne sintetica coltivata?
La carne sintetica è carne a tutti gli effetti, ottenuta tramite la creazione in vitro di cellule staminali, nello specifico pluripotenti indotte, del sangue e della pelle. È quindi composta da fibre muscolari, grasso e altre cellule animali che sono state riprodotte e fatte crescere in laboratorio.
Non a caso, in inglese questo prodotto viene indicato come lab-grown meat, clean meat e slaughter-free meat proprio per sottolineare la sua natura: creata in laboratorio, “pulita” perché non prevede la macellazione degli animali.
Non è quindi da confondere con la carne vegetale, anche questa chiamata fake-meat, che invece è ottenuta dalla lavorazione di elementi 100% vegetali, pertanto quest’ultima si classifica come surrogato vegetale con un profilo nutrizionale diverso.
La tecnologia utilizzata per la carne coltivata in laboratorio è quella usata nell’ambito della bioingegneria dei tessuti viventi, oggetto di studi nella medicina riabilitativa e potenzialmente utile per i trapianti e il trattamento di patologie muscolari.
Gli “ingredienti” necessari per far crescere la carne in laboratorio sono:
le cellule staminali, che non subiscono processo di invecchiamento e possono proliferare all’infinito, prelevate con una biopsia dall’animale anestetizzato;
i mioblasti, cellule embrionali precursori dei muscoli, utilizzati come mezzo di crescita;
gli scaffolds, delle specie di impalcature che permettono alle cellule di crescere in maniera strutturata, costituite da varie sostanze edibili tra cui collagene e cellulosa;
i bioreattori, delle macchine che ricreano i fattori ambientali necessari alla proliferazione delle cellule;
Attraverso questo processo i ricercatori sono riusciti a realizzare un prodotto incredibilmente simile alla carne animale, che tuttavia presenta alcune imperfezioni rispetto all’originale.
Gli studi messi a punto in questi ultimi tempi si concentrano prevalentemente sul perfezionamento di consistenza, colore e gusto. La carne sintetica da laboratorio, infatti, presenta meno fibre muscolari di quella animale (pertanto è meno soda) e un colorito molto spento dovuto all’assenza di vasi sanguigni, che la rende quindi meno appetibile.
Carne sintetica in vitro: è una buona idea?
Alla base di questa sperimentazione sembra esserci la volontà di offrire un’alternativa a tutti coloro che sostengono l’ideale di un’alimentazione più responsabile senza però sconvolgere la propria dieta.
In questo senso, i vantaggi che l’introduzione della carne sintetica può comportare dal punto di vista etico e ambientale sono rilevanti.
Dal momento che la crescita in laboratorio è molto più rapida rispetto allo sviluppo naturale di un animale, produrre carne in vitro consentirebbe di soddisfare la domanda mondiale senza sconvolgere l’ecosistema.
La produzione artificiale, infatti, comporterebbe non solo una riduzione significativa della macellazione di animali, ma anche una maggiore sicurezza in termini igienico-sanitari e di sostenibilità ambientale.
Partiamo quindi dal presupposto che rispetto alla carne tradizionale, quella sintetica sarebbe priva di OGM, ormoni artificiali e medicinali, sarebbe meno soggetta alle contaminazioni batteriche e limiterebbe lo sviluppo di nuove infezioni virali.
Dal punto di vista ambientale, invece, la carne artificiale è sostenibile perché permette di ridurre le emissioni di Co2 del 70%, produce un risparmio del 50% di energia, dell’85% di consumo di acqua e del 99% del suolo coltivabile.
Infine, un prodotto studiato in laboratorio può essere personalizzato e riprodotto in base alle diverse esigenze. In questo senso, è auspicabile migliorarne il profilo nutrizionale aggiungendo ad esempio acidi grassi Omega-3 di cui la carne tradizionale risulta sprovvista.
L’altra faccia della carne sintetica: limiti e svantaggi
I nobili intenti però, come spesso accade, si scontrano con alcuni fattori che devono essere presi in considerazione prima di parlare di rivoluzione in ottica positiva. Non tutti, infatti, ritengono che la carne artificiale sia un’opzione migliore, considerate le difficoltà di realizzazione e i limiti tecnici emersi finora.
Il costo di produzione, ad esempio, è al momento l’ostacolo maggiore. Basti pensare, infatti, che per il prototipo di hamburger sintetico presentato nel 2013 i costi di produzione si aggiravano sui 300.000 dollari. Oggi le spese sono decisamente inferiori ma comunque ancora troppo alte per competere con i prezzi di mercato della carne tradizionale.
Un altro svantaggio riguarda la consistenza della carne in vitro, ancora ben lontana da quella soda e compatta a cui siamo abituati. Senza contare, inoltre, che attualmente la tecnologia utilizzata non permette di produrre tutte le varietà di carne animale consumate e utilizzate nelle nostre cucine.
Infine, l’idea di mangiare un prodotto sintetico, nato in laboratorio, è una prospettiva che spaventa i più tradizionalisti e conservatori, dando origine a pregiudizi e ostilità.
In ogni caso, potrebbe volerci ancora qualche anno prima che la carne coltivata diventi accessibile a tutti. Attendiamo quindi ulteriori sviluppi in materia e, nel frattempo, cerchiamo di adottare un comportamento più responsabile a tavola limitando il consumo di carne per il benessere della nostra salute, dell’ambiente e della vita animale.
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