Attrezzarsi per prossima pandemia

by • 2 giugno 2021 • In evidenza, SALUTECommenti disabilitati su Attrezzarsi per prossima pandemia856

Circa 3 miliardi e mezzo di vaccini anti-Covid arriveranno dalle Big Pharma, Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson, sotto forma di donazioni ai paesi a basso reddito e fornitura a prezzo calmierato ai paesi a medio reddito. Mario Draghi annuncia la donazione di 300 milioni di euro alla piattaforma del Covax, in modo che possa acquistare dosi per quella parte di mondo che non ce la fa. Angela Merkel e Emmanuel Macron daranno 30 milioni di fiale ognuno al Covax. Pure la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, leader di un paese che finora ha pensato solo a vaccinare gli americani, dice che gli Usa “continueranno a donare le dosi in eccesso”. Il global summit sulla sanità officiato da Draghi e Ursula von der Leyen a Roma in collegamento con i leader di tutto il pianeta, tranne Joe Biden e Vladimir Putin, pullula di generosità. Tutto vero?

Sì, è sicuro il premier italiano, per una ragione semplice: ora i vaccini ci sono, ora è facile essere generosi. Ma, avverte Draghi, “è importante attrezzarsi per la prossima pandemia” e anche occuparsi delle economie dei paesi poveri messi in ulteriore difficoltà dal covid: “Non c’è dubbio che il loro debito sovrano debba essere ristrutturato”, dice, gelando la presidente della Commissione Europea in conferenza stampa in una sempre superba Villa Pamphili. Sullo sfondo di una giornata di intensa di discorsi ed enunciazione di principi, restano le divergenze tra Ue e Usa sulla condivisione dei brevetti e sul Trattato sulla pandemia: la prima è una bandiera di Washington che non piace al vecchio continente, la seconda piace da questa parte dell’Oceano, ma non alla Casa Bianca.

“La forza della dichiarazione di oggi viene dalla sincerità degli impegni presi”, dice Draghi in riferimento al testo in 16 punti firmato da tutti i partecipanti al summit, oltre 20 capi di Stato, i rappresentanti di Big Pharma, i dirigenti delle organizzazioni multilaterali, l’Organizzazione mondiale della Sanità, del Commercio. Rappresenta “il desiderio di rimediare alle ingiustizie, alle iniquità avvenute nel periodo più difficile, quando non c’erano vaccini per l’Ue e per gli Usa, e ci si è chiusi in se stessi, si è ignorato il resto del mondo. Non ho dubbi che gli impegni presi in termini di aiuto ai paesi poveri verranno mantenuti, sicuramente andrà così: fino alla prossima pandemia”.

Qualcuno fa le corna in sala per scaramanzia. Ma Draghi è ovviamente serio. “Dobbiamo prevenire, le organizzazioni internazionali devono lavorare per essere pronte, per evitare l’egoismo, non tanto dell’Ue, che ha fatto la sua parte”, esportando il 50 per cento delle dosi prodotte nel continente ai paesi poveri, sebbene solo nel caso di AstraZeneca si tratti di un prodotto europeo, quindi è in realtà un export delle aziende consentito dai paesi membri, “ma anche gli altri”. Per esempio gli Usa. Draghi non li cita esplicitamente come esempio di egoismo legato al blocco degli export, ma lo lascia capire rispondendo alla domanda di un giornalista del Washington Post. “Oggi nessuno ha fatto autocritica”, fa notare il cronista. Il premier: “Se c’è una parte del mondo che si è comportata un po’ meglio degli altri è stata l’Europa, anche quando morivamo per mancanza di vaccini. C’era gente che a Bruxelles diceva: stiamo morendo di export…”.

Oltre alle donazioni, le promesse del summit toccano anche il tema della condivisione dei brevetti, ma lo toccano davvero piano. La dichiarazione finale del summit lascia facoltà di decisione agli Stati e alle aziende, su base “volontaria”, “temporanea” e “mirata”. In mezzo, c’è la diatriba tra Stati Uniti ed Europa. Washington è favorevole, l’Ue ancora a guida Merkel, no. Nel vecchio continente invece si spinge per un Trattato sulle pandemie, per essere pronti una prossima volta. Draghi cerca di stare nel mezzo: “Dobbiamo garantire che le informazioni siano condivise rapidamente e apertamente, mantenendo al contempo un’adeguata protezione della proprietà intellettuale”. Quanto al Trattato, sul quale è evidente la frenata della vicepresidente Usa Harris: “Dobbiamo fare ancora molto lavoro in futuro, tutto è aperto”, sottolinea il premier.

Von der Leyen tenta di portare avanti la cosiddetta ‘terza via’ della Commissione Europea: una proposta di semplificazione del sistema delle licenze obbligatorie già previsto dagli accordi ‘Trips’ dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. “La presenteremo a luglio – dice – si basa su tre pilastri: facilitare gli scambi, rafforzare la produzione dei vaccini, chiarire e semplificare l’uso delle licenze obbligatorie”, per consentire ai paesi poveri di produrre le fiale pagando un minimo di royalties alle Big Pharma per l’uso della proprietà intellettuale.

“Delusione e sconcerto”, da parte del portavoce italiano del coordinatore italiano della Campagna europea ‘Right2Cure#NoprofitOnPandemic’, la dichiarazione finale del summit “ignora anche il voto del Parlamento Europeo che ha approvato un emendamento in cui si richiede una sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale relativi ai vaccini”. In effetti, il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli chiede una discussione “senta tabù” sulla proprietà intellettuale, nel suo intervento al Global summit. Non passa, per ora.

Ma Draghi cerca di guardare oltre, agevolato da una arrendevole von der Leyen. “Le domande di economia le lascio a te”, gli dice la presidente della Commissione europea. L’ex governatore della Bce naturalmente non se lo fa ripetere. E indugia sul problema forse più complicato all’orizzonte: il debito sovrano dei paesi poveri, una “catastrofe” dopo la pandemia. “La comunità internazionale, il Fondo monetario internazionale studieranno il pacchetto per ristrutturarlo, non c’è dubbio su questo”, dice con tono perentorio il premier. Ursula lo guarda con un sorriso impotente.

Un global summit non risolve tutti i problemi sul campo e forse nemmeno una parte. Di certo, non riesce a penetrare la rivalità geopolitica nata sui vaccini a livello mondiale. Serve solo al leader cinese Xi Jinping per avvertire: “No alla manipolazione politica, distrugge la cooperazione”.

Il summit di oggi “è un primo passo importante ma il lavoro continua con il G20”, a presidenza italiana, cornice anche dell’evento di oggi, “e gli altri consessi internazionali”, dice Draghi. “Portiamo tutto a Carbis Bay a giugno”, dice Boris Johnson nel suo intervento, interessato a fare del G7 a presidenza britannica un successo, incurante di essere l’imputato ‘numero 1’ per le accuse di blocco dell’export dei vaccini.

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