Se il mondo è in ansia per l’innalzamento del livello dei mari, c’è un Paese dove avviene l’esatto contrario. L’Islanda sta vivendo il paradosso dei cambiamenti climatici: il livello dell’oceano scende e crea problemi non indifferenti alle comunità locali.
A raccontare quello che succede nella terra dei ghiacci è la Cnn online in un lungo e approfondito servizio. Si parla del villaggio di Hofn, nell’est dell’isola, dove i pescatori sono alle prese con un periodo drammatico: le lagune marine che circondano il lembo di terra dove vivono poco più di duemila anime stanno diventando via via meno profonde. Il vigore delle maree è diminuito, consentendo così ai sedimenti di depositarsi sul fondo del canale. Una minaccia per i pescherecci e per i 60 uomini, tutti del posto, che lavorano nell’attività a cui è appesa la sussistenza della popolazione locale. Le navi più grandi corrono il rischio di toccare il fondo e di riportare danni, o peggio ancora di naufragare.
Ma cosa sta succedendo in Islanda? Come mai con l’innalzamento delle temperature il livello del mare sta calando? Siamo di fronte a un triplo scacco del clima di cui l’uomo è responsabile solo in parte.
Il riscaldamento globale e l’Islanda
Dietro al terreno che avanza c’è ancora una volta il cambiamento climatico. Per secoli il suolo islandese è rimasto compresso sotto il peso del mastodontico ghiacciaio Vatnajökull. Ma il riscaldamento globale negli ultimi 200 anni ha via via più rapidamente eroso le imponenti calotte polari, significativamente diminuite di massa e in certi casi addirittura scomparse. E allora accade che, senza più essere gravato dal ghiaccio, il terreno si sta letteralmente sollevando. A Hofn si parla di 1,7 centimetri all’anno, 20 minuti di auto più a nord si passa a 3,8 centimetri. A questa velocità, presto le barche potrebbero non poter più entrare nel canale. Per l’economia locale sarebbe un disastro. L’Islanda è per il 10 per cento ricoperta di ghiacci, ma andando avanti di questo passo potrebbero sparire del tutto entro il 2.200. Secondo studi Nasa, condotti confrontando le immagini dallo spazio. l’isola perde circa 10 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno.
Il fattore gravità
Non è solo una questione di peso, ma anche di massa. Non è un gioco di parole, ma è alla base dell’effetto legato alla gravità che sta coinvolgendo la Groenlandia e, di riflesso, la vicina Islanda. Mano a mano che i ghiacciai si sciolgono per l’innalzamento delle temperature, questi territori perdono massa. Sappiamo che più la massa è grande, maggiore è la forza di gravità. Ora la capacità di attirare verso di sé il mare da parte della calotta polare si sta indebolendo. Morale, l’acqua si allontana e scorre via. Quindi il livello dei mari non si sta più alzando? Al contrario. Il rapido scioglimento dei ghiacciai sta producendo questo effetto nella maggior parte del mondo. Solo che il fenomeno non è uniforme. Gli scienziati della Nasa stimano che se il livello crescesse di un metro a livello medio, intorno all’Islanda aumenterebbe ‘solo’ di 20 centimetri. Un paradosso, se si pensa che lo scioglimento dei ghiacci è responsabile per i due terzi dell’innalzamento dei mari. Se tutta la Groenlandia si sciogliesse, gli Oceani salirebbero di 7 metri e mezzo. Se capitasse in Antartide, verrebbe rilasciata talmente tanta acqua nei mari da far crescere il livello di 60 metri. Le conseguenze sarebbero più apocalittiche che catastrofiche.
L’innalzamento dei mari
Detto dei due terzi legati allo scioglimento dei ghiacci, rimane da individuare il restante terzo che concorre ad aumentare il livello dei mari. Secondo gli esperti, sarebbe un effetto dei gas serra prodotti dall’uomo. Sostanze che contribuiscono ad alzare la temperatura dell’acqua, innescando un ulteriore fenomeno fisico: le molecole si muovono più rapidamente e allo stesso modo si diffondono più velocemente. La conseguenza è che il volume delle acque cresce. Gli ultimi studi mostrano che se anche oggi si smettessero di bruciare combustibili fossili, le stime sull’innalzamento dei mari fino al 2050 resterebbero invariate. Quello che possiamo fare è intervenire oggi per cambiare le cose fra trent’anni. E non è comunque poco.
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