Kuala Lumpur: scoperti lavoratori in schiavitù

by • 9 luglio 2021 • ESTERI, In evidenzaCommenti disabilitati su Kuala Lumpur: scoperti lavoratori in schiavitù376

Cresce in Malaysia l’allarme per il lavoro forzato, soprattutto tra i migranti irregolari. Nei giorni scorsi sono stati individuati e arrestati 229 lavoratori stranieri in un’azienda per il recupero dei metalli nella capitale. Le autorità hanno parlato di un fenomeno che non sarebbe “fuori controllo”, ma sono in molti a ritenere che si tratti della punta di un iceberg.

Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato Usa sul traffico di esseri umani nel mondo, pubblicato ieri, ha declassato la Malaysia dal secondo al terzo livello (il peggiore) rispetto a questo crimine, individuandolo come di forte rilevanza nel Paese. Secondo il direttore pro-tempore dell’Ufficio per il controllo e il contrasto al traffico di esseri umani, Kari Johnstone, casi di lavoro forzato sono stati individuati in numerosi settori produttivi tra cui quello della palma da olio e di altre piantagioni, nell’edilizia e nelle manifatture.

A far emergere il problema negli ultimi mesi è il fatto che nelle fabbriche, e in particolare proprio tra i lavoratori meno tutelati di origine straniera, si sono manifestati estesi focolai di infezione da Covid-19. Essi hanno contribuito a una forte avanzata del contagio che a giugno ha visto la Malaysia registrare il maggior numero di casi in Asia in rapporto alla popolazione.

Lo sfruttamento dei lavoratori stranieri non è però un fenomeno nuovo. Da tempo la Malaysia è indicata come centro di impiego di manodopera proveniente per lo più da Paesi di fede islamica del sud-est asiatico e dell’Asia meridionale (soprattutto Indonesia e Bangladesh). I migranti stranieri sono impiegati nelle attività produttive meno retribuite e meno appetibili dalla forza lavoro locale. Si stima che siano al momento 212mila gli individui oggetto di una forma di sfruttamento in Malaysia; l’impegno del governo di Kuala Lumpur per contrastare il fenomeno ha visto però pochi risultati. Secondo Reuters, tra il 2014 e il 2018 sono state avviate 1.600 indagini che hanno portato a sole 140 condanne.

La manodopera straniera è necessaria anche per sostenere la macchina produttiva di un Paese che registra scarsità di personale qualificato. Molte donne sono usate poi come domestiche o sfruttate come prostitute. Spesso lo sfruttamento avviene nell’indifferenza o con la connivenza delle autorità, che invece applicano con severità e anche in modo arbitrario le leggi che regolano l’immigrazione e l’impiego di chi cerca rifugio. In questa situazione, i migranti rischiano di finire preda dei trafficanti di esseri umani e del lavoro forzato: un esempio sono i musulmani Rohingya in fuga dalla persecuzione in Myanmar o da una vita insostenibile nei campi profughi in Bangladesh.

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