Sono quattro le grandi riforme delineate nel Recovery plan che sabato approderà in Consiglio dei ministri per poi essere spedito a Bruxelles entro il 30 aprile. Il governo presieduto da Mario Draghi ne individua due definite “orizzontali” e altre due “abilitanti”, oltre a una serie di altri interventi settoriali, vale a dire “misure consistenti in innovazioni normative relative a specifici ambiti di intervento o attività economiche”.
Le riforme orizzontali riguardano la Pubblica amministrazione e la giustizia, interventi che secondo il Piano di ripresa e resilienza “consistono in innovazioni strutturali dell’ordinamento, idonee a migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività e, con esse, il clima economico del Paese”. Quelle abilitanti si concentrano sulla semplificazione e la concorrenza, “interventi funzionali, si legge, a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese”.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Sono tre gli obiettivi che il governo si prefigge nel mettere mano alla complessa macchina dalla Pa, con l’obiettivo di concludere gran parte del lavoro entro il 2021: “Eliminare i vincoli burocratici, rendere più efficace ed efficiente l’azione amministrativa, e ridurre tempi e costi per cittadini e imprese”. E a tal fine si prevede un decreto già il mese prossimo che conterrà “gli interventi urgenti di semplificazione, non solo a carattere trasversale, ma anche settoriale”. Obiettivi che si svilupperanno lungo quattro assi portanti: “Accesso, per snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale; buona amministrazione, per semplificare norme e procedure; digitalizzazione, quale strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme; competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna”. Quest’ultimo asse, in particolare, aprirà a una nuova fase di reclutamento, per favorire un ricambio generazionale troppo lento che “ha contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l’insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni”.
Interventi anche sulle carriere (previsti entro l’anno), lo sviluppo della pianificazione strategica dei fabbisogni per le principali amministrazioni entro il 2023 e la riforma dell’offerta formativa e le azioni a supporto delle medie amministrazioni, misure queste ultime che saranno implementate per tutta la durata del programma, e dunque almeno fino al 2026.
GIUSTIZIA
Ambiziosi i piani di riforma del comparto giustizia. Il governo punta a portare a conclusione la riforma dei processi civile e penale, quella della giustizia tributaria, la revisione dell’ordinamento giudiziario e degli uffici del processo. L’obiettivo fondamentale è “la riduzione del tempo del giudizio, che oggi continua a registrare medie del tutto inadeguate. Tutti gli interventi in materia di giustizia convergono, dunque, al comune scopo di riportare il processo italiano a un modello di efficienza e competitività”.
Rispetto alla Pa, i tempi individuati sono più lunghi, ruotando tutti o quasi a leggi delega che coinvolgano direttamente il Parlamento nella scrittura. Sia per il processo civile sia per quello penale “si stima che le leggi delega possano essere adottate entro settembre 2021 e che i decreti attuativi possano essere approvati entro settembre 2022”, mentre “l’impatto sulla durata dei procedimenti potrebbe verosimilmente stimarsi alla fine del 2024”. La fine dell’anno prossimo è anche la dead line fissata per la riforma della giustizia tributaria, mentre per l’ufficio del processo si delinea un “piano assunzioni per il potenziamento dello staff del magistrato entro fine 2021”, personale che “nel lungo periodo si intende stabilizzare per mantenere inalterata la sua composizione e funzione”.
SEMPLIFICAZIONE
Tre le direttrici nel campo della semplificazione amministrativa: quella che riguarderà le norme in materia di appalti pubblici e concessioni, obiettivo definito “essenziale per l’efficiente realizzazione delle infrastrutture e per il rilancio dell’attività edilizia” quali “aspetti essenziali per la ripresa a seguito della diffusione del contagio da Covid-19”, la semplificazione ambientale e quella che riguarderà gli investimenti e il Mezzogiorno.
L’obiettivo è quello di presentare il disegno di legge delega entro il 31 dicembre 2021 e adottare i conseguenti decreti legislativi entro giugno dell’anno prossimo. Il governo tuttavia si impegna a varare le misure urgenti (senza tuttavia definirne contenuti e perimetro) con un decreto da approvare subito dopo la trasmissione del piano a Bruxelles.
CONCORRENZA
Il proposito principale delineato nel Recovery plan è garantire l’approvazione di una legge apposita con cadenza annuale. La “legge per il mercato e la concorrenza” è stata inserita nell’ordinamento italiano nel 2009 dal governo Berlusconi, ma la prima adozione in concreto è del 2017. Nel breve termine, l’esecutivo di Draghi punta ad approvarla entro il 15 luglio del 2021, e a rispettarne poi la scadenza dei dodici mesi per un nuovo testo. Inoltre sono previsti interventi specifici su reti digitali, infrastrutture strategiche, energia elettrica, porti e impianti di gestione e trattamento rifiuti.
ALTRE RIFORME
Il Recovery plan indica altri campi di intervento “non ricompresi nel perimetro delle azioni previste dal Piano” ma destinati “ad accompagnarne l’attuazione, concorrendo a realizzare gli obiettivi di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo”, per i quali non sono specificati i tempi di realizzazione.
– Riforma fiscale: se ne parla da anni, l’hanno annunciata gli ultimi due governi, non è mai stata realizzata. Ci riprova Draghi inserendola nel Pnrr, definita come una “tra le azioni chiave per dare risposta alle debolezze strutturali del Paese e in tal senso è parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee”. In questo ambito si inserisce la “possibile revisione dell’Irpef, con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo e di ridurre gradualmente il carico fiscale, preservando la progressività. Sarebbe in tal modo incentivata la tax compliance e potrebbe essere sostenuta la partecipazione al lavoro delle donne e dei giovani”. L’altro intervento corposo riguarda “l’introduzione dell’assegno unico universale per le famiglie con figli”.
– Riforma degli ammortizzatori sociali: altro intervento in sospeso da anni, sul quale il ministro Andrea Orlando ha avviato già un tavolo di consultazioni. Il nuovo tentativo programmato dal governo “punta ad allargare la platea delle aziende e dei lavoratori ammessi ai trattamenti di Cassa integrazione guadagni, in modo da costruire una rete di protezione più estesa, inclusiva e resistente alle crisi congiunturali”
– Salario minimo legale: a completare la revisione degli ammortizzatori sociali sarà “l’introduzione del salario minimo legale per i lavoratori non coperti dalla contrattazione collettiva nazionale”. Il proposito è quello di garantire “una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e idonea ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa”
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