Covid-19: ‘coprifuoco’ è solo una parola al vento

by • 30 ottobre 2020 • Covid-19, In evidenza, SALUTECommenti disabilitati su Covid-19: ‘coprifuoco’ è solo una parola al vento703

Non possiamo vivere aspettando il vaccino. Il vaccino non può essere la scusa per abbassare la guardia”: così il professor Silvio Garattini, farmacologo e fondatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, commenta le notizie che ogni giorno si rincorrono sull’arrivo, per alcuni imminente, dell’antidoto al Covid-19.

C’è chi dice che arriverà a dicembre, chi nei primi mesi del 2021: l’attesa, secondo Garattini, è snervante e ingiustificata. “Non possiamo far affidamento solo sul vaccino, afferma. Sicuramente ci darà una grossa mano, ma ora contano solo i comportamenti dei cittadini”.

Il professore non intende spegnere l’entusiasmo di chi vede nel vaccino un’ancora di salvataggio, ma ci tiene a far riflettere: ”È vero che i vaccini per il coronavirus sono in uno stato avanzato di sperimentazione, ma i dati devono essere ancora elaborati.

Fondamentalmente non sappiamo ancora almeno tre cose. La prima è se sarà davvero efficace. Non conosciamo la percentuale di protezione: il vaccino può proteggere al 100%, ma anche al 90%, all′80%, fino al 50%. La seconda domanda è: sarà ben tollerato? Questo è un punto importante perché dobbiamo somministrarlo a persone sane e dobbiamo essere sicuri che non farà danni. Il terzo è per quanto tempo sarà in grado di proteggerci. C’è anche da dire che tutta la documentazione riguardante il vaccino dovrà essere approvata da autorità regolatorie e questo processo non è affatto breve. Se avremo risposte positive, le prime dosi saranno messe in commercio all’inizio dell’anno nuovo perché la produzione è già partita. Ma non saranno disponibili per tutti, almeno inizialmente”.

Quindi, cosa fare nel frattempo? Per il farmacologo, “il singolo deve entrare in gioco, capire che può nuocere all’altro e prendere tutte le precauzioni per non essere veicolo del virus”.

Anche il governo, però, deve fare la sua parte, prima di tutto rafforzando i controlli: “Si fa presto a dire ‘coprifuoco’, ma chi controlla se la gente va in giro dopo mezzanotte? Chi controlla gli assembramenti e se i tavoli al ristorante sono davvero da sei persone? Bisogna tener presente che non basta dire le cose, bisogna anche farle. E per farle bisogna mettere in piedi tutto un tipo di organizzazione. I controlli vanno organizzati e potenziati: ad esempio, sarebbe giusto spalmarli su tutta la giornata o in alcune fasce d’orario critiche. Altrimenti sono solo parole al vento”.

Secondo Garattini, altre due macroaree andrebbero riviste: la prima è quella dei trasporti, la seconda è quella dei tamponi. Per quanto riguarda i mezzi pubblici, il professore è convinto che si sia perso tempo: “Si sapeva da marzo che prima o poi il sistema avrebbe riaperto e sarebbe tornato a funzionare, i trasporti andavano gestiti diversamente. I bus sono strapieni, i controlli non si fanno. E il contagio viene favorito”.

Un altro problema a cui bisognerebbe subito porre rimedio è quello dei tamponi: “Il tracciamento è fallito perché per funzionare richiede una tempestiva presenza di tamponi, che oggi non abbiamo. Non si può sequestrare la gente in casa perché non ci sono tamponi o perché l’iter per farli è troppo lungo. È inaccettabile che le persone si facciano 12 ore di fila al drive-in. Il tampone ha un valore ed è importante, ma è importante anche farlo rapidamente”.

A proposito di tamponi, Garattini ci tiene a chiarire una convinzione oggi fin troppo diffusa. “Non è vero, afferma, che i tanti contagi di questi giorni siano dovuti solamente all’alto numero di tamponi. Il rapporto sta aumentando. Il numero di positivi sta aumentando. Il numero di morti sta aumentando: ricordiamoci che eravamo quasi a livello zero, ne avevamo due, tre, quattro, poi dieci, ora abbiamo superato quota 100. Il virus si sta diffondendo: è un concetto che dobbiamo accettare, senza cadere in facili allarmismi. La paura genera irrazionalità, noi invece dobbiamo essere razionali. Dobbiamo capire che questo virus c’è e che ne siamo i principali diffusori”.

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